Che la musica non sia solo un medium comunicativo e artistico ma un vero e proprio luogo nel quale ritrovare sé stessi, rigenerarsi, ristabilire una profonda comunanza con lo spirito del proprio tempo o con l’atemporalità in cui l’anima comunica con il sacro e il trascendente, sono concetti ben chiari a Loreena McKennitt.
Una consapevolezza che nel 1994 la spinge a compiere un viaggio fra le più profonde intercapedini della musica in quanto tradizione interculturale, a cavallo fra Asia, Africa ed Europa. Un itinerario che la porta a realizzare nell’album The Mask And Mirror un concentrato di suoni, melodie, sfumature e parole che passano per le preghiere dei sufi, i canti gregoriani, la tradizione musicale spagnola, quella celtica e molto altro. Una prova che riprende vita, a ridosso del tour che celebra proprio i 30 anni dalla release del disco, nel live (su etichetta Quinlan Road) catturato al Palace of Fine Arts di San Francisco il 19 maggio 1994, la cui setlist sembra la sequenza di corpi attraverso cui si reincarna, vita dopo vita, la stessa sconfinata, multiforme irrequietezza.
Forze che nella poesia di San Giovanni della Croce delineano in The Dark Night Of The Soul la brama di chi nell’amore cerca gli occhi del divino, incurante delle ferite in cui si incappa correndo a perdifiato nel buio, mentre nel caleidoscopio di voci che si rincorrono in Marrakesh Night Market, la duplice domanda: “Would you like my mask/Would you like my mirror? ” emerge da una trascinante frenesìa sonora d’ascendenza marocchina (ma dai riflessi gitani) non solo per fornire indizi sul titolo del disco, ma per spostare la riflessione sul rapporto fra dissimulazione, rivelazione, scoperta di un immaginario archetipico che rimanda a quell’altrove (oltre lo specchio) in cui si compie la trasmutazione della materia cara agli alchimisti. Brani come Santiago, in cui la voce rinuncia alla centralità del suo ruolo e si libera dalla sudditanza della parola come narrazione per diventare puro elemento musicale ed impressione sonora, a ricordarci che il cammino verso la salvezza non passa solo attraverso espiazione e fatica ma anche attraverso conoscenza, ibridazione, frenesìa della danza.
Loreena McKennitt
Tutto, in questo live, ci riporta a una dimensione in cui la musica ci consente di lasciarci alle spalle il tormento per inebriarci al cospetto di un’estasi che accomuna i mistici a quegli artisti che hanno risposto alla chiamata del loro talento come si fa con una vera e propria vocazione. Suono, tradizione, magia, folklore e poesia, che in 2 canzoni ci parlano della sensibilità visionaria di William Butler Yeats: Stolen Child, in cui McKennitt fornisce un contesto sonoro a un componimento che ci rimanda al tema del rapimento fatato di cui il poeta, divoratore di miti e leggende irlandesi, subiva il fascino alimentato dall’amore per i luoghi della sua infanzia; e la splendida The Two Trees, introdotta da un pianoforte che risuona nello spazio con la stessa ieratica intensità della voce della musicista canadese (tanto che sembra di essere in contemplazione di un’orazione, al centro di una cattedrale), che ci riporta a una serie di riflessioni che si incastonano fra loro come tessere di un mosaico: la passione per la propria musa (Maud Gonne, attrice e rivoluzionaria per cui Yeats nutrì un amore totalizzante, spirituale e fisico, per tutto l’arco della sua vita) che si incarna nella metafora dei 2 alberi (quello della vita e quello della morte), in una commovente invocazione che tocca misticismo cristiano, ebraico e amor cortese.
Una prova a cui vengono aggiunte 2 perle, rispetto alla tracklist originaria: la già citata Stolen Child, cui si aggiunge Huron ‘Beltane’ Fire Dance che in prossimità della chiusura dell’album ribadisce l’importanza della danza e dell’incontro, fondendo formule care ai nativi americani con la tradizione irlandese, fra vocalizzi che danzano nell’aria come faville in cima aun fuoco notturno, incalzati da flauti e tamburi rituali. Intenso, potente, drammatico, come la storia narrata nella murder ballad The Bonny Swans, la cui eco visiva definisce l’artwork del disco, ispirato a un dettaglio del ciclo di arazzi dedicato al tema della caccia all’unicorno, scelto 30 anni fa come copertina del singolo omonimo, qui reso ancora più evocativo dalla voce decisa, a tratti tagliente di Loreena Mckennitt. Un disco e una celebrazione che toccheranno l’Italia – stasera a Roma, il 24 luglio a Udine, il 25 a Merano e il 26 a Milano – al cui richiamo sarà difficile resistere.