Non c’è al mondo uno stilista che meglio di Roberto Capucci, classe 1930, sia in grado di rappresentare al meglio l’unione e la continuità di creatività, gusto, armonia, costruzione. A confermarcelo è la mostra alla Triennale di Milano intitolata Metafore / Roberto Capucci: meraviglie della forma – a cura di Gian Luca Bauzano, in collaborazione con la Fondazione Cologni dei Mestieri d’Arte, la Fondazione Roberto Capucci e la Rometti Ceramiche – che ripercorre i momenti fondamentali della carriera dello stilista romano attraverso modelli che hanno sublimato la moda a espressione d’arte e di ricerca.  Quale miglior omaggio, quindi, al genio di colui che il 2 dicembre ha compiuto 91 anni?

La vita artistica di Capucci inizia presto: nel 1950, appena 20enne, inaugura la sua maison in via Sistina, a Roma; nel 1952, oltre a dar vita alla prima sfilata alla Sala Bianca di Palazzo Pitti, a Firenze, sfila nella Capitale. Ed è il 1962 quando inaugura il suo atelier in rue Cambon, a Parigi, guadagnandosi gli apprezzamenti di Christian Dior che non esita a definirlo, in un’intervista a Vogue, «il miglior creatore italiano».

Nel 1970, a 2 anni dal definitivo rientro a Roma nell’atelier di via Gregoriana, Capucci orchestra da par suo il défilé al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia facendo sfilare le modelle a tacchi bassi, senza trucco e coi capelli al naturale. Sono gli anni della sperimentazione, degli elementi decorativi e rigidi, dei materiali più svariati, dei sassi e della paglia. Nel 1980 si dimette dalla Camera Nazionale della Moda Italiana ben deciso a presentare personalmente le sue collezioni (come personali d’artista) senza l’ansia di dover rispettare scadenze o calendari. Nel 1990, invece, la sua definitiva consacrazione svela costumi ideati per l’opera lirica e mostre nei più prestigiosi musei del mondo: dal Kunsthistorisches Museum di Vienna, alla Reggia di Venaria Reale, a Torino.

Nel nuovo millennio, Villa Bardini a Firenze si trasforma nella prestigiosa sede della Fondazione Roberto Capucci e del Museo, allo scopo di preservare e valorizzare l’archivio composto da 439 abiti storici, 500 illustrazioni firmate22.000 bozzetti originali, la rassegna stampa completa, la fototeca e la mediateca.

Oltre al lato glamour (Roberto Capucci ha vestito i personaggi dell’aristocrazia, del jet-set e dello spettacolo; ha disegnato i costumi di Silvana Mangano e di Terence Stamp per il film Teorema di Pier Paolo Pasolini (1968) e fra i suoi abiti più celebri c’è quello in velluto blu indossato nel 1986 da Rita Levi-Montalcini in occasione del Premio Nobel per la Medicina), Metafore espone vasi e centrotavola decorati a mano e ispirati alle creazioni del Maestro.

Lo stesso Capucci, architetto del tessuto, considera come simboli di questa mostra almeno 3 sue creazioni: Diaspro, uno degli abiti/scultura in seta esposti nel 1995 alla Biennale di Venezia; quello cosiddetto della Linea a Scatola e l’Omaggio a Burri del 1969, vale a dire il cappotto bianco a formelle ispirato ai Cretti di Alberto Burri e più in generale all’Arte Povera. Semplicemente straordinario.

Particolare dell’abito Diaspro (1995)

Metafore
Roberto Capucci: meraviglie della forma
Fino al 9 gennaio 2022, Triennale Milano, viale Emilio Alemagna 6, Milano
tel. 0272434245