American actress Raquel Welch in a futuristic outfit featuring a mini skirt and scarf in blue plastic, worn with a perspex visor, circa 1967.

Ci piace ricordare il genio creativo dell’inventore del prêt-à-porter scomparso a 98 anni, riproponendovi la recensione della prestigiosa mostra allestita a New York a partire dall’estate 2019.

A 50 anni dall’allunaggio dell’Apollo 11, New York dedica allo stilista italiano Pietro Costante Cardin, classe 1922, figlio di agricoltori trevigiani naturalizzato francese, la mostra Pierre Cardin: Future Fashion. A 14 anni, dopo una breve esperienza nel laboratorio Manby di Vichy, il francesizzato Pierre inizia l’apprendistato da un sarto di Saint Etienne. 23enne si trasferisce a Parigi, lavora per l’atelier Paquin, per breve tempo da Elsa Schiaparelli e nel 1947 approda alla Maison Christian Dior. Nel 1950, concentrandosi prima sul design degli abiti e poi sull’alta moda, Cardin fonda il suo atelier. Il talento di scolpire i tessuti con sensibilità architettonica, accompagnato da una visione geometrica darà vita al suo stile inconfondibile. Primo couturier a lanciare una collezione prêt-à-porter da Printemps, il grande magazzino di Parigi, in seguito crea una linea di abbigliamento unisex molto copiata dalla concorrenza; e negli anni 60 dà vita al look spaziale utilizzando vinile, tessuti metallici, grandi chiusure lampo e cappelli simili ai caschi degli astronauti. In pieno 1968 è il turno del rivoluzionario tessuto Cardine, in fibra sintetica Dynel a motivi tridimensionali. A fine decennio la griffe incassa uno straordinario successo finanziario e Pierre Cardin arriva a possedere in toto la propria azienda.

Oltre a ripercorrere i suoi progetti futuristici e a sottolineare gli sforzi pionieristici di democratizzare l’alta moda per le masse, Pierre Cardin: Future Fashion espone circa 200 oggetti che vanno dagli anni 50 a oggi: abiti d’alta moda e prêt-à-porter, accessori, fotografie, video e altri materiali tratti principalmente dall’archivio dello stilista la cui estetica, decisamente audace, ha avuto un’influenza pervasiva anche su altre forme di creatività: lo testimonia l’appeal della Space Race che negli anni 60 influenza visibilmente le sue collezioni al punto da renderle emblematiche. Ecco allora che i cartamodelli degli abiti disegnano sagome geometriche che poi vengono concretizzate con materiali non convenzionali e infine indossate da Raquel Welch, Brigitte Bardot, Lauren Bacall, Alain Delon, Jacqueline Kennedy. Inoltre, l’impiego di forme paraboliche accoppiate al jersey elasticizzato per “rimodellare” il corpo si concretizza nelle linee di abiti biomorfi che scivolano sulle forme femminili donando un’allure minimal e space age. Va poi ricordato che nel 1971, in visita alla NASA, lo stilista si mette addirittura a indossare (unico civile nella storia) la tuta spaziale appartenuta a un astronauta dell’Apollo 13.

Ordinata cronologicamente, l’esposizione focalizza i momenti cardine della carriera di Cardin: immancabili pezzi come il Target Dress ispirato all’estetica visiva e cromatica dell’Optical Art, diventato un’icona che incorpora 1 cerchio nero in 2 cerchi più grandi, gialli e arancioni, incastonati nel corpo dell’abito in avorio. La mitica collezione Cosmocorps, invece, avvalora con la giacca senza collo e i pantaloni “cilindrici” sottili le ricerche sul design, i capi unisex e l’abbigliamento maschile. Straordinari, poi, gli abiti sfoggiati da Mia Farrow nel film A Dandy In Aspic (Sull’orlo della paura, 1968) e da Jeanne Moreau in La baie des anges (La grande peccatrice, 1963); da vedere le clip delle celebri sfilate di moda all’Espace Cardin parigino (dal 1970 in poi), sulla Grande Muraglia Cinese con 300 modelli (1979), nella Piazza Rossa di Mosca (1991) davanti a 200.000 spettatori.

Se Cardin ha sempre progettato, tagliato, cucito, adattato e rifinito le proprie creazioni – ad esempio giacche e cappotti con dettagli estremi sulle spalle ispirati alle mostrine delle uniformi cinesi e alle divise dei giocatori di football americano – i suoi disegni oltrepassano gli abiti progettando mobili e decorazioni, luci, interni per automobili e accessori come cappelli, gioielli, calzature e occhiali da sole che vengono proposti insieme a estratti da programmi televisivi, documentari e film che hanno tentato di anticipare ciò che il domani ci avrebbe riservato: Le Voyage dans la Lune (1903) di Georges Méliès e Things To Come (La vita futura, 1936) di William Cameron Menzies.

Nel corso della propria vita, Pierre Cardin ha raggiunto livelli di notorietà incredibili ed è l’unico stilista ad essere stato ammesso all’Académie des Beaux-Arts di Parigi. Si dice che ogni mattina, alla veneranda età di 97 anni, raggiunga con le proprie gambe il suo ufficio con una rinnovata voglia di avvicinarsi al design. Ma soprattutto col desiderio di meravigliarsi ancora.

Pierre Cardin: Future Fashion
Fino al 5 gennaio 2020, Brooklyn Museum, 200 Eastern Parkway, Brooklyn, New York
tel. 001-718-6385000
Catalogo $ 40

Foto: Raquel Welch in a Pierre Cardin outfit featuring a miniskirt and necklace in blue vinyl, worn with a Plexiglas visor, 1970. Image courtesy of Iconic Images, © Terry O’Neill / Iconic Images
“Cosmocorps” suits and “Porthole” dresses, 1968, photo: Yoshi Takata, courtesy of Archives Pierre Cardin, © Archives Pierre Cardin
“Cardine” dress, 1968, photo: courtesy of Archives Pierre Cardin, © Archives Pierre Cardin
Two-tone jersey dresses, with vinyl waders, 1969, photo: Yoshi Takata, © Pierre Pelegry
Pierre Cardin wearing Apollo 11 space suit, 1969, photo: courtesy of Archives Pierre Cardin, © Archives Pierre Cardin
Dress with kinetic back, 1970, photo: Yoshi Takata, courtesy of Archives Pierre Cardin, © Archives Pierre Cardin
Model wearing Pierre Cardin blue wool vest with leather details, 1992
Sequined “Parabolic” gown, 1992
Photo: courtesy of Archives Pierre Cardin, © Archives Pierre Cardin