Reduce dalla 59^ Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, opera prima di Alessandro Marzullo girata nell’arco di 13 giorni in modo estremo come certo cinema underground e sonorizzato da Riccardo Amorese provilegiando distorsioni e dissonanze, Non credo in niente è un viaggio notturno nell’anima di 4 ragazzi a un soffio dai 30 anni che non ne vogliono sapere di rinunciare alle proprie passioni, nonostante il loro progetto di vita stia imboccando una direzione diversa da quella che auspicavano.

Una pianista e un violinista costretti da un ristoratore dispotico a lavorare in nero pur di sopravvivere. Un aspirante attore che alterna provini tutt’altro che frequenti a meccanici rapporti sessuali. Una hostess che disegna, canta e balla da sola senza più credere all’amore eterno.

Sono 4 i protagonisti che mettono in scena un racconto corale e frammentario ambientato fra le pieghe di una Roma sporca, deteriorata e ostile; che “vivono ” uno spaccato di quella società liquida delineata dal sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman.

E a fare da “trait d’union ” alle vicende urlate a squarciagola da personaggi sempre più impegnati ad accusarsi di contare zero e di non avere proprio nulla da dire (spicca su tutti la credibile recitazione di Renata Malinconico nei panni della pianista) ci sono 2 per così dire “macchiette romanesche ”: Lorenzo Lazzarini e Gabriel Montesi, che stridono (volutamente?) con l’autenticità (vera o presunta?) dei litigiosi protagonisti.