Negli anni 70 non ha bisogno e tantomeno voglia di uscire di casa, Mario Schifano (1934-1998). A lui, ex Re Pop di Roma, di piazza del Popolo e del Caffè Rosati, fuori dalla porta l’Urbe non manca proprio: preferisce lavorare bulimicamente, 24 ore su 24, un quadro via l’altro – croste, capolavori, capolavori, croste – padroneggiando lo spazio del suo caotico studio in via delle Mantellate, a Trastevere. Schifano è un interruttore che funziona a intermittenza: click e si accende la luce di una creatività imbizzarrita; click, la luce si spegne e lui s’ingrugna. Eppure, ogni volta, fra un’incazzatura e una risata a fior di nervi nessuno come l’artista nato ad Homs, in Libia, sa raccogliere in extremis le forze. Ma deve giocoforza farlo poiché non ha scelta: ci sono galleristi da soddisfare e pusher da saldare.
Finestre serrate, dunque, a precludere scientemente ogni contatto visivo col mondo esterno. Perché è dentro casa che le immagini prendono forma, fluiscono senza sosta, si palesano in silenzio. Sono le immagini – poche in verità: all’epoca i canali tv sono solo e unicamente RAI – trasmesse da una quantità di televisori accesi con il volume azzerato, che Schifano si mette a fotografare azzardando (inconsciamente o meno) la previsione che prima o poi toccherà vivere immersi nelle immagini: tant’è che prima di morire d’infarto assisterà alla moltiplicazione delle tv libere e fotograferà tiggì e pubblicità, filmati porno e televendite con la sua Polaroid.
Li chiama Paesaggi TV, sono affreschi multimediali a mo’ di smalti sulla tela emulsionata, trasformata da generose pennellate di pittura e poi resa lucida e riflettente dal plexiglass con evidenti allusioni allo schermo televisivo. In onda TV ne espone una quindicina allo Studio Guastalla di Milano: sperimentali e spersonalizzanti, imprimono immagini fuori fuoco, poco nitide e brillanti se le rapportiamo agli standard di oggi, che Mario Schifano inserisce dentro la cornice nera, stondata, del tubo catodico. Cromaticamente fluorescenti, il più delle volte sedimentano sgocciolature sciamaniche da action painter ma non rinunciano certo a visualizzare il monoscopio da Fine delle Trasmissioni; certe immagini fisse da cartolina delle città italiane trasmesse nell’Intervallo; fotogrammi con i leader politici “rubati” dal Telegiornale.
E se la storia dell’arte viene citata da qualche fermo immagine estrapolato dalla trasmissione Maestri italiani del 900, non mancano le autocitazioni (Inventari) che Schifano compie nel momento in cui (ri)mette in onda – forse ipotizzando una nuova, avveniristica Pop Art – il logo della Coca-Cola e il Futurismo rivisitato a colori. Cioè le sue icone. Quelle più fantastiche e immortali.
Mario Schifano
In onda TV
Fino al 29 febbraio 2020, Studio Guastalla Arte Moderna e Contemporanea, via Senato 24, Milano
tel. 02780918
Catalogo Studio Guastalla/Edizioni Graphis Arte, € 20
Foto: Inventario, 1973-74
Senza titolo, 1974-78
Paesaggio TV, 1973-77
Inventario, 1973-74
Paesaggio TV, 1970
Senza titolo 1973-78