Ma cosa si potrà mai dire di questo francese? Nero o africano non si capisce chi sia, cosa sia, se la batteria la suona come uno djembè, se al contrario ha le congas che suonano come una drum machine… Manu Katché è evidentemente di un altro pianeta.
Che i fenomeni esistano, non c’è alcun dubbio. Più che altro stupisce come l’abbiano contattato per una serie di registrazioni in studio artisti italiani del calibro di Pino Daniele, Claudio Baglioni, Mango e Stefano Bollani. Anzi, a pensarci bene si capisce: per valorizzare il loro lavoro, portarlo su di una spanna rispetto alla media (quelli che hanno avuto i soldi necessari per pagarlo, ovvio).
Finchè Manu Katché accompagna Tori Amos o Peter Gabriel, siamo invece alla pari: artisti con artisti, stesso calibro. Comunque sia, al ragazzo non manca la tecnica di base, studia parecchio, anche se nei suoi assoli sorride disinvolto mentre fa delle rullate a 300 di metronomo (cose che persino Ian Paice dei Deep Purple non dico che fatichi, ma il labbro ce l’ha ben serrato). E guarda un po’, tutta questa tecnica come la impiega? Per dare colore, arricchire persino un disco di Joe Satriani! Bando alle battute, quell’album l’hanno registrato insieme live in studio e si sente: freschezza e improvvisazione, unite a una grande tecnica. Un vero piacere, per timpani avidi.
Per non parlare del suono, mai troppo affidato all’elettronica. Sebbene Katché abbia lavorato con tanti artisti che avranno avuto sicuramente i loro produttori e i loro fonici, a essersi rivelata è una linea comune di trasparenza di note e corposità sonora, dovuta per forza di cose al suo istinto di puro drummer. Utilizza, fra l’altro, un set che negli anni 90 era un must: Yamaha Tour Custom per i set live, garanzia totale per quegli anni con misure standard; e una marea di piatti Zildjian. Entrambi i marchi, secondo me, gli hanno fatto firmare contrattoni milionari perchè ancora usa questi endorser. Non so se hanno fatto come la Nike con il cestista Michael Jordan (si vide costretta a pagare l’astro volante royalties su ogni singola scarpa del suo modello); si sa solo che Katché firma ben 3 serie di rullanti, di cui una in ottoneda cui trae il suo personale suono. Chapeau.