Potremmo partire dalla riflessione del pittore Emilio Tadini (1927-2002), il quale sosteneva l’importanza della contaminazione degli stili: «Due linguaggi diversi, usati assieme, dicono di più? O rivelano piuttosto il vuoto sopra il quale viene gettato il gioco stesso di qualsiasi linguaggio? Parola e immagine sembrano mostrare proprio nel punto in cui si incrociano qualcosa che non è né parola né immagine».

È un punto di partenza intercettato dall’antologica Lucia Marcucci. Poesie e no, allestita al Museion di Bolzano con opere provenienti dal Mart, dalla collezione privata dell’artista nata a Firenze nel 1933, ma soprattutto dall’Archivio di Nuova Scrittura che è parte della collezione museale permanente.

Passione e miliardi, 1966
Collezione Museion, Archivio di Nuova Scrittura
© Augustin Ochsenreiter

I 2 diversi linguaggi citati da Tadini, parola e immagine, sono gli strumenti creativi di cui si avvale Lucia Marcucci. Il doppio codice verbo-visivo viene da lei utilizzato secondo una coesione tra parola e immagine dal risultato provocatorio e dissacrante. Linguaggio che ha origine nella ricerca di intellettuali e artisti, fra gli anni 50 e 60: i quali, essendo sempre più coinvolti nei grandi mutamenti della società e partecipi negli ambiti della comunità, rielaboreranno “il fare creativo” nella direzione di una nuova concezione, mettendo in evidenza le contraddizioni dei nuovi idiomi mass mediatici.

La capacità ironica, unita alla coscienza politica, sono gli obiettivi dei poeti visivi. Il punto di partenza per tutti è la critica all’alienazione del linguaggio nella società di massa. Così facendo, parola e immagine assumono un linguaggio polarizzato venendo incontro all’esigenza di elaborare uno stile in grado di incidere sulla realtà contemporanea. In questo momento, immagine e parola segnano la loro massima vicinanza: la parola può essere trattata come l’immagine e viceversa. Il linguaggio viene semplificato in rapporto alle moderne forme di comunicazione che caratterizzano la società di massa, come la pubblicità e i mass media.

Nel caso della poesia visiva, l’utilizzo di linguaggi tratti dagli stereotipi della comunicazione di massa, da materiali e dai media di più larga diffusione e consumo, sono finalizzati a superare il vuoto ideologico dei temi tratti dall’attualità come la guerra in Vietnam, i costumi e la morale della società borghese, le tradizioni della famiglia patriarcale, ma anche il tema dei processi scientifici e tecnologici, ampiamente impiegati dalla Marcucci nelle sue opere, attraverso la spettacolarizzazione dell’opera stessa.

Prima linea, 1965

Il salto espressivo avviene successivamente, quando il Gruppo ’70 di cui l’artista faceva parte giunge all’elaborazione del concetto luogo-città, ambiente espressivo per eccellenza dell’azione artistica collettiva (la classica esposizione, ad esempio), ovvero traguardando l’idea di opera d’arte come luogo; e congiuntamente, di un luogo come opera d’arte (quasi una sintesi del concetto site specific contemporaneo) che non fungesse più solo da mero supporto o contenitore di creatività. In questo clima, viene concepito e realizzato lo spettacolo Poesie e no, un happening ante litteram che oggi si direbbe performance art, messo in scena dai componenti del Gruppo ’70.

Spettacolo che prevedeva letture poetiche, realizzazioni di manifesti di poesie visive, musiche sperimentali e una serie di azioni provocatorie dirette al pubblico per stimolarne la reazione. In questa performance, Lucia Marcucci e altri artisti si alternavano nella lettura di notizie tratte dai giornali mentre qualcuno dipingeva, affiggeva i manifesti dello spettacolo e contemporaneamente un altoparlante diffondeva musica classica o moderna.

Collezionate i classici, 1971

Poesie e no deriva da questo spettacolo-manifesto presentato in una prima versione nel 1963 con la regia di Enrico Sirello, che ebbe negli anni successivi diverse presentazioni con la partecipazione della stessa Marcucci. Il titolo, come tutta la mostra, vuole sottolineare come la pratica dell’artista sia sempre stata caratterizzata dall’incontro fra culturaalta” e culturabassa”, fra linguaggio letterario e quotidiano. Da questo momento, per la Marcucci, si apre un’intensa stagione sperimentale da cui scaturiranno la cine-poesia, i libri d’artista (oggetto/soggetto), la Poesia manifesto, la Poesia auditiva, la Poesia tecnologica. La sua ricerca si aprirà verso forme più personali, muovendo in maniera autonoma rispetto gli altri membri del Gruppo ’70.

A questo periodo risale la serie delle Impronte, attraverso le quali l’artista agisce dentro l’opera con scritte a mano libera e impronte di parti del proprio corpo, il tutto unito a frammenti di riviste e quotidiani. Con il passare degli anni, il suo lavoro assume sempre di più una dimensione personale, carico di irriverenza e portatore di una fresca e pungente carica innovativa. Memorabile sarà il rifiuto all’invito alla Biennale di Venezia, istituzione ritenuta stantìa e accusata di neutralizzare un fenomeno culturale di vastissima portata, come quello della poesia visiva, riducendolo a livello concettuale e minimizzandolo dal punto di vista storico.

Si collocano invece in una parentesi temporale più vicina ai giorni nostri le opere esposte al Piccolo MuseionCubo Garutti, sede distaccata nel quartiere Don Bosco di Bolzano: immagini iconiche della storia dell’arte, come la Venere di Botticelli o la Mona Lisa di Leonardo, stampate su grandi tele arricchite da interventi pittorici, che giocano con queste immagini ampliando la loro espropriazione da parte della cultura di massa. L’esposizione al Museion si completa con la mostra L’Offesa all’ar/ge kunst, Bozen/Bolzano. Entrambe le personali gravitano attorno all’esperienza che ha dato vita all’happening di Poesie e no.

Colpo di vento e di fortuna, 1997
Courtesy Andrea Sirello

Il collage di segni visivi e linguistici che caratterizza questa serie di performance, consente alle 2 istituzioni di sviluppare filoni complementari del lavoro dell’artista: da una parte, l’indagine sul linguaggio a partire dalla critica alla società dei consumi che trova spazio al Museion; dall’altra, all’ar/ge kunst, la presenza del verbo e del corpo nella militanza, attraverso una lettura attuata anche da voci contemporanee.

Poesie e no è una mostra da non perdere, per ritrovare le origini dei linguaggi contemporanei troppo spesso offuscati e avvolti da una nebbia semantica scoraggiante e inadatta al rapporto con il mondo reale.

Lucia Marcucci
Poesie e no
Fino al 3 settembre 2023, Museion/Museo di Arte Moderna e Contemporanea, piazza Piero Siena 1, Bolzano
tel. 0471223413