Compiere 100 anni è un premio o una punizione? Forse nella maggior parte dei casi è solo una punizione. Ma nel caso di Lawrence Ferlinghetti credo che si possa considerare un premio. Ovviamente gli acciacchi non mancano e la vista è assai ridotta, ma il cervello è ancora lucido e battagliero. E nessuno più di lui merita uno speciale riconoscimento: solo uno con la sua tempra poteva sopravvivere così a lungo in mezzo a una generazione di ribelli, certo talentuosi, ma dagli ego ipertrofici e dalle tendenze piuttosto autodistruttive. Così è toccata a lui la parte del grande superstite, forse proprio perché era il più innamorato della vita e magari anche il più generoso. Più di tutti i suoi compagni d’avventura, questo nomade italo-americano si è battuto per il successo dell’intero movimento beatnik, facendo l’editore e il libraio oltre a soddisfare le sue ambizioni di artista a tutto tondo. Certo, caratteri facili nella Beat Generation proprio non ce n’erano e neanche Lawrence lo è stato; ma almeno una volta nella loro tempestosa esistenza tutti gli altri (da Allen Ginsberg a Gregory Corso, da William Burroughs a Jack Kerouac) hanno dovuto dire grazie a lui, l’uomo della City Lights Books.

Nato il 24 marzo 1919 in un piccolo comune dello Stato di New York, sembra fin da subito destinato a conoscere tutte le difficoltà della vita: il padre (immigrato bresciano) muore prima della sua nascita, la madre (ebrea proveniente dalle Antille Francesi) finisce ben presto in manicomio e Lawrence viene cresciuto da sua zia Emily per i primi anni in Francia (a Strasburgo) e poi a New York. Si laurea in giornalismo nel ’41, partecipa allo sbarco alleato in Normandia e s’innamora di Parigi, dove torna nel dopoguerra per un periodo di studio e frequenta un corso di pittura all’Académie Julian. Poi si trasferisce con la moglie a San Francisco, dove apre nel 1953 la sua libreria e pochi anni dopo fonda l’omonima casa editrice, che pubblica nel ’56 lo scandaloso Howl di Ginsberg, affrontando il processo che trasformerà quel libro di poesie nel manifesto della Beat Generation. Ma neanche la famiglia e il lavoro da libraio-editore gli fanno abbandonare la sua vocazione per i vagabondaggi in giro per il mondo: visita Russia, Messico, Giappone, Marocco, Cuba nei giorni del trionfo di Fidel Castro e di nuovo la Francia per il Maggio ’68. E l’Italia? Al Festival di Spoleto 1965 sale sul palco a recitare poesie con Evgenij Evtushenko ed Ezra Pound; nel ’79 viene invitato con altri poeti beat al mitico raduno di Castel Porziano e visita ad Ostia il luogo dove era stato ucciso Pier Paolo Pasolini, di cui diventerà il primo editore americano. Ma soprattutto cerca a lungo di rintracciare le origini del padre che non ha mai conosciuto. Non troverà nessun parente, ma individuerà la casa natale del genitore e alla fine sarà Brescia a scoprirlo dal 7 ottobre 2017 al 18 febbraio 2018 con la grande mostra A Life: Lawrence Ferlinghetti al Museo di Santa Giulia.

100 anni vissuti come un “ragazzo di vita”, in un moto perpetuo fra letteratura e pittura, battaglie politiche e readings a tempo di jazz. Eppure, più che conquistare popolarità per la sua arte, Ferlinghetti ha contribuito alla costruzione del mito della sua generazione. A parte la raccolta A Coney Island of the Mind, le sue poesie non sono le più citate tra le produzioni dei beatniks. Tuttavia l’immediatezza ruvida e prosastica del suo canto punta dritta all’obbiettivo, alla necessità di scuotere il lettore invitandolo a battersi come lui per i grandi ideali d’ogni tempo: la libertà, la pace, il rispetto per ogni forma di vita. Quanto alla produzione dell’artista figurativo, la cosa che colpisce di più è la sua figura di precursore della street art. In particolare ho sempre trovato scioccante un acrilico su carta cerata, dove in un caos di scritte murarie si legge con i caratteri più evidenti The Third World War will be the war against the Third World. Qui il suo appassionato pacifismo sfocia in un allarme planetario e ci spinge perfino a chiederci: quali paesi oggi si possono considerare al di fuori del Terzo Mondo? Quelli europei? È lecito dubitare… Eppure, anche davanti a questa visione apocalittica, questo instancabile centenario sembra ancora manifestare tutto il suo amore per la vita.

Foto: Lawrence Ferlinghetti davanti al City Lights Bookstore, San Francisco
Poster della mostra Ferlinghetti: His Life & His Work, The Beat Museum, San Francisco
The Third World War will be the war against the Third World, 1995
Welcome, O Life! From James Joyce, 2008
Testi di Lawrence Ferlinghetti
© Eleonora Tarantino