Oggi avrebbe compiuto 63 anni il Re degli street/urban artist d’ogni tempo, che all’alba degli anni 80 scese i gradini delle stazioni della metro di New York per dare il via alla propria immensa storia pittorica disegnando coi gessetti i primi graffiti sui pannelli della pubblicità. Voglio ricordarlo riproponendovi la magìa di Tuttomondo, l’ultimo suo affresco in quel di Pisa.
Lo vedo per la prima volta nel 2013, ma i miei occhi non riescono ad abbracciarlo nella sua totalità poiché l’emozione è davvero troppo grande. Lo rivedo il 22 maggio 2019 – e stavolta riesco a fissarmelo bene in mente, a meditarmelo in tutta tranquillità, a coglierne la più piccola sfumatura. Quando lo rivedrò ancora – e succederà, statene pur certi – mi siederò di fronte a lui e ricontemplandolo non mi porrò problemi di tempo, spazio, rumori, silenzi… Resetterò tutto e allora sì che mi sentirò infinitamente felice. Lui è Tuttomondo e se volete scoprirne segreti e curiosità procuratevi anzitutto le letture giuste: Keith Haring a Pisa – Cronaca di un murales (Edizioni ETS) e Keith Haring – La brevissima vita di un genio che cambiò la storia dell’arte, di Luca Nannipieri (Casa Nannipieri Arte).
Capolavoro assoluto e definitivo del graffitista americano, lo trovate a Pisa e fa strepitosa mostra di sè dal 14 giugno 1989. Unico murale concepito per essere permanente, occupa una superficie di circa 180 mq. (10 mt. d’altezza x 18 di larghezza). Ma non esisterebbe, questa incredibile opera pubblica, se nel 1988 un allora giovane studente pisano, Piergiorgio Castellani, non avesse incontrato per uno strano scherzo del destino proprio Keith Haring, su un marciapiede di Manhattan, al suono ipnotico di un mantra intonato da un gruppo di hare krishna. Si scambiano qualche parola, Piergiorgio ottiene un appuntamento per l’indomani nello studio dell’artista e nasce l’idea di realizzare qualcosa per Pisa. Prende così forma “Keith Haring Progetto Italia” con l’allora Sindaco della cittadina toscana (Giacomino Granchi) e l’Assessore alla Pubblica Istruzione e alla Cultura (Lorenzo Bani) impegnati non solo ad avviare le pratiche per l’approvazione del progetto da parte del Consiglio Comunale, ma a rintracciare una parete che avesse i requisiti dell’ampiezza e fosse senza porte e senza finestre per dare sostanza a un murale (il più grande a livello europeo) fruibile da quante più persone possibili.
La parete ideale è quella posteriore del Convento dei Frati Servi di Maria, dietro alla Chiesa di Sant’Antonio Abate, che dà sulla stazione degli autobus extraurbani. Ottenuti i permessi, vicino al muro viene affissa L’Arte in Diretta, locandina che annuncia così l’evento: “In questo spazio il famoso artista americano Keith Haring esegue dal 14 al 20 giugno un dipinto murale che donerà alla nostra città. Si tratta del primo grande intervento in Italia dell’artista, che ha già realizzato mostre ed opere in tutta l’America, in Europa, in Giappone, in Australia e che è attualmente uno degli artisti più ricercati del mondo. La realizzazione del murale è stata resa possibile grazie all’assistenza tecnica offerta dalla Caparol Italia“. La ditta, cioè, che fornisce a titolo gratuito l’impalcatura, vernici acriliche a lunga durata e resistenza – scelte personalmente da Haring insieme ai pennelli – la struttura in polistirolo espanso e il rivestimento a granuli di quarzo per isolare il murale dall’umidità evitando di intaccare l’intonaco.
In piena euforìa, il 12 giugno Haring annota sui suoi Diari: “Sono a Milano mentre aspetto il volo per Pisa. Divento irrequieto e ansioso di essere già là”. I colori li ha selezionati ad hoc: tenui, a richiamare le sfumature della città nel suo insieme («I primi due giorni che sono venuto qui», dichiara in un’intervista a lavori ultimati, «ho trascorso molto tempo guardando i colori che c’erano intorno a me: quelli dei tetti, delle finestre, dei fiori, della gente che era in piazza, degli autobus, cose del genere…»). Se il 14 giugno, muovendosi come un folletto sui vari livelli dell’impalcatura monstre, dà il bianco sulla parete per poi tracciare di getto senza schizzi e senza disegni preparatori una linea di contorno nera per ogni singolo personaggio, i giorni successivi li impiega coinvolgendo la comunità in un work in progress: dai ragazzi della Parrocchia di Sant’Antonio ai frati del Convento, fino ai B-boys pisani, ogni mano è fondamentale per colorare l’interno di ogni immagine. E poi ci sono dj, breakdancer, un GhettoBlaster a diffondere musica rap…
Ciò che elettrizza Pisa per l’intera settimana sono le positive vibrations di un evento che si evolve in happening, performance collettiva, fusione a caldo di danza+musica+pittura. Ma quale titolo avrà il murale?, è la domanda che Daniela Burchielli rivolge a Keith a evento concluso: «Non saprei… quasi tutti i dipinti che ho fatto sono senza titolo perché questo incoraggia di più la gente a cercarsi da sola significati e titoli… Ma se avesse un titolo sarebbe qualcosa come… Tuttomondo (lo pronuncia in italiano), o qualcosa… non so, qualcosa sul mondo. È… il mondo».
Sono 30 le figure che si toccano l’un l’altra, attraversandosi e compenetrandosi in un continuo, incessante movimento che è ritmo, battito cardiaco, vitalismo, forza. Ed è l’energia vitale del Mondo, identificandosi nella pace e nell’armonia, a farsi Tutto. Molteplici sono i personaggi che il graffitista traduce in simboli: dalla Croce Pisana (al centro del murale) rappresentata da 4 figure umane unite all’altezza del bacino, al legame indissolubile dell’uomo con la natura evidenziato da un cane (fedeltà), una scimmia (istinto), un uccello (libertà) e un essere umano impegnato a sorreggere sulle spalle un delfino (l’acqua); da 2 uomini, fusi assieme, che formano un paio di forbici (il Bene) e tagliano a metà un serpente (il Male), alle 3 razze del mondo (una nell’altra) che reggono in mano un cuore; dal braccio che si allunga smisuratamente fino ad attraversare il corpo e quindi unirsi alla gamba in un movimento infinito (il ciclo della vita), alla donna che tiene in grembo il suo bimbo (la vita), fino all’irrefrenabile gioia che accomuna tutti nella danza. E in basso, a livello strada, ecco una figura gialla che sta camminando: è il pubblico, un passante, un turista (o Keith Haring stesso?) che si concede una pausa di riflessione davanti a Tuttomondo prima di proseguire verso la Torre di Pisa.
“Il murale rimarrà qui per molto, molto tempo e la città sembra amarlo”, scrive Haring il 19 giugno aggiungendo: “Me ne sto seduto sul balcone a guardare la cima della Torre Pendente. È davvero molto bello qui. Se c’è un Paradiso spero somigli a questo”. 8 mesi dopo, il 16 febbraio 1990, Keith muore a New York stroncato dall’Aids. Non ha ancora compiuto 32 anni.
Foto: © Eleonora Tarantino 2019