Proprio oggi stavo pensando a tutti i vari acronimi, titoli, etichette e protuberanze varie che utilizziamo per descrivere la sessualità nelle sue forme plurime. E mai come oggi gli acronimi sono al centro di ogni attenzione: ecco allora i vari lgbt, o lgbqrt, o lgbaqrstuvz, eccetera eccetera…
41 anni fa, nel bene o nel male, avevo già pensato di racchiudere la multiforma-sessuale in un’unica parola più accattivante, musicale e sexy: Polisex. Una canzone da urlo! Urlo, infatti, era il titolo dell’album pubblicato nel 1980 che conteneva questa mia invenzione il cui testo accenna, in misura libera ed emancipata, alla molteplicità dei generi, dei ruoli e della sessualità tutta, intesa come atto inventivo, libero, creativo (cosa che oggi, a 41 anni di distanza, ne è prova ed esigenza più che evidente!). Ma Polisex era una canzone troppo eterea e sofisticata, alla quale mancava un refrain che fosse davvero commerciale: il suo ritornello, semmai, era la frase di sax composta dal sottoscritto e meravigliosamente suonata dal grande Claudio Pascoli, il sassofonista di Lucio Battisti.
Anziché aggiungere nel ritornello (come si fa di solito) violini, strings e orpelli a più non posso, il tecnico del suono della Cgd, Pino Vicari, ebbe allora l’idea geniale di togliere quasi tutto lasciando le percussioni, ovviamente la mia voce e poco altro. La cosa straordinaria di Polisex è avere armonizzato la mia voce sovrapponendola in sala d’incisione. Risultato: un brano pressochè irripetibile dal vivo, a meno che non ci fossero 26 e più ivancattanei a portata di palco! Tant’è che le mie versioni live, in seguito, le ho concentrate soprattutto sull’esecuzione melodica a sola voce e il falsetto nei punti dovuti.
Polisex 40th Anniversary, in Cd e in Lp 180 gr. Gold Limited Edition, vede cimentarsi artisti dalle più varie estrazioni musicali: si va dalla decisa dolcezza di Adèl Tirant, prima donna in assoluto a interpretare femminilmente il brano; ad Attilio Fontana e la sua magica-bossa, fino ai Recall Madame X via dark e al grande Gianni Leone del Balletto di Bronzo con la sua effervescente e progressivissima tastiera.
Artisti e Dj hanno magistralmente interpretato lo spirito del pezzo: polifonico, poli-corale, polimorfo… polisex! E accanto alla mia nuova versione ce n’è un’altra con semplice chitarra e voce: proprio così, come l’ho creata quando la creaturina polimorfa-perversa è nata nel 1980. Ma la cosa ancor più sorprendente (cosa mai fatta al mondo, forse qualcosa su Grace Jones ma non ci giurerei) è che tutti si destreggiano in esercizi di stile sempre e solo sullo stesso, unico brano, mentre di solito un disco tributo lo si realizza su varie canzoni interpretate da un determinato artista.
Ma perché Polisex? Me lo hanno chiesto in molti. Perché la multiforma, il non definitivo, il fluido, l’interscambio visuale sono anche le regole di base del mio pensare la pittura, l’arte, la poesia. I miei volti, in effetti, non hanno una connotazione maschile o femminile: semmai entrambe le cose, fino a sconfinare a volte nell’animalesco e a volte nell’angelico. D’altronde è la stessa cosa: demoni o santi, fate o streghe, tutto è immaginativo e tutto sta dentro il mondo. Lo dico sempre: il 40% nelle mie opere lo metto io, il rimanente 60% ce lo mettete voi con la vostra immaginazione o i vostri incubi aggiunti!
Nel 1975, quando con Nanni Ricordi ho creato l’etichetta discografica Ultima Spiaggia, intendevo spaziare oltre la canzonetta ed entrare nell’arte vera e propria. E nel 1977 con la mia T.U.V.O.G. ART, cioè l’arte totale dei 5 sensi (tatto, udito, vista, olfatto, gusto), prendeva il via un prototipo di accennata multimedialità naïf. Le emozioni, dunque, ci arrivano dalle immagini, dai suoni, dalla poesia, dal canto, da un bacio, da un atto sessuale, da una sberla o da un pugno, da un gusto amaro o da un dolce prelibato! Insomma, si vive di tutto in mezzo a tutto; e ogni oggetto o essere umano, stimola i nostri desideri emotivi. È anche vero che – se vogliamo allontanare dall’arte la noia, il déjà vu, l’obsoleto e il retorico – dobbiamo esplorare con estremo coraggio territori ancora più inesplorati. Alla ricerca della non-noia.
L’arte è bellissima perché è libera e imprevedibile! Se viceversa l’arte di un quadro, di una canzone, di una fotografia è troppo prevedibile, finirà con il non interessare proprio nessuno. L’arte è infinita e ben lungi dall’aver detto tutto. Ed è una sfida aperta, una sfida all’immaginare più extremo e più impensato. Tutti i mezzi sono validi: una poesia, una cantilena, un rap, un quadro dipinto, della stoffa ammucchiata, un piatto di spinaci, un bicchiere di urina, un collage, una smorfia, un passo di danza ubriaca, una canzonaccia, un disegno a matita, una preghiera… una bestemmia! Disse il saggio: «Non tutte le opere d’arte stanno nei musei. Io, per esempio, sto ancora a casa mia!».
Infine, il mio ringraziamento va all’etichetta Soter, a Salvatore De Falco e a Giuseppe Russo Spena, che proprio come nell’operazione discografica Un Tipo Atipico – Tributo a Ivan Cattaneo del 2015 hanno saputo cogliere la mia vena essenziale e profonda di cantautore assai atipico – appunto – per le vicissitudini vissute e spesso subìte nel tragi-comico mondo discografico.
Ivan Cattaneo, luglio 2021