Non è semplice intervistare gli artisti. Spesso ci si trova a dover fare i conti o a dribblare lune storte, narcisismi, logorree, pregiudizi. Raro che un artista si senta subito a proprio agio. Ma se con calma olimpica, domanda dopo domanda – e rinunciando al proprio, di narcisismo – l’intervistatore riuscirà in punta di fioretto a stabilire un confidenziale contatto col suo lavoro, la sua tecnica, il suo stile, la sua personalità, l’artista non potrà che fornire risposte chiare, obiettive, sincere. Facile a dirsi, difficile a farsi. Tranne che per il critico e curatore di mostre londinese David Sylvester (1924-2001), il quale ha compreso e divulgato come pochi altri l’arte di Joan Mirò, Lucian Freud e Francis Bacon; scritto libri fondamentali come About Modern Art e Looking At Giacometti; è stato il primo critico ad aggiudicarsi il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia e s’è meritato da parte del Daily Telegraph la promozione sul campo a “miglior scrittore in lingua inglese di arte moderna”.
Le sue 21 Interviste con Artisti Americani sono imperdibili. 16 (a David Smith, Louise Nevelson, Adolph Gottlieb, Barnett Newman, Willem de Kooning, Franz Kline, Robert Motherwell, Philip Guston, Helen Frankenthaler, John Cage, Robert Rauschenberg, Jasper Johns, Frank Stella, Claes Oldenburg, Roy Lichtenstein e Robert Morris), commissionate dalla BBC fra il 1960 e il 1967 e incise su nastro, sono state montate per la radiodiffusione sul Terzo Programma. 5 (a Cy Twombly, Alex Katz, Carl Andre, Richard Serra e Jeff Koons) sono state invece effettuate dal 1997 al 2000.
In buona sostanza, David Sylvester si trova al posto giusto e nel momento giusto a conversare e a confrontarsi col must della scena artistica newyorkese del dopoguerra. Gli europei, appena sbarcati negli Stati Uniti, avevano incontrato gli americani dando vita a straordinarie “collisioni” sottoforma d’Action Painting («Come fai a capire che un dipinto è finito? Quand’è che posi il pennello?». «Faccio sempre una fatica terribile. Ma sto migliorando», risponde Willem de Kooning); New Dada («Allora di solito cominci con dei segni invece che con degli oggetti ready-made?». Robert Rauschenberg: «No, posso cominciare da qualsiasi cosa. A volte quando non riesco a cominciare disegno semplicemente una riga da una parte all’altra della tela»); Pop Art («Quali sono le fonti principali del tuo linguaggio?». Roy Lichtenstein: «Per certi versi direi il Cubismo, ma ovviamente anche i fumetti e la grafica sono un’influenza. Penso che gli stessi fumetti siano influenzati dal Cubismo, perché il carattere spigoloso dato dalla stampa crea una specia di aspetto cubista che forse non era voluto»); Minimal («Lavori partendo dai disegni?». Frank Stella: «I disegni li faccio prima, ma solo per vedere quale sarà l’organizzazione dei dipinti e per avrre un’idea generale della serie»), eccetera. Fino ai blitz nella Process Art e nel New Pop, pizzicando il 2000, con Richard Serra e Jeff Koons.
David Sylvester, Interviste con Artisti Americani, Castelvecchi, Collana I Timoni, 320 pagine, € 17.50
Foto: Robert Rauschenberg
Jeff Koons
Willem de Kooning