Non gettate la spugna dopo il primo ascolto di questo doppio Lp ostico e ipnotico che vede mattatori Lou Reed e i Metallica («Una collaborazione insolita sarebbe stata fra Metallica e Cher. Questa è una collaborazione ovvia», ha messo in chiaro Lou). Riascoltatelo, più volte e senza pregiudizi. Lulu è una walk on the wild side scomoda e urticante al pari di quell’1.Outside confezionato in “grand guignol” da David Bowie e Brian Eno. In gioco, fra le pieghe pulp di quest’opera che trae spunto da Lo spirito della terra e Il vaso di Pandora del drammaturgo tedesco Frank Wedekind (1864-1918), c’è la smalltown girl che da danzatrice si trasforma in cinica femme fatale per poi finire accoltellata da Jack lo Squartatore. Rivisitando la breve esistenza di Lulu in chiave hard (vedi i testi a tripla X dei 10 brani, già scritti per lo spettacolo teatrale di Bob Wilson andato in scena a Berlino), Lou Reed si cala nei medesimi panni avanguardisti di quando inanellò il decadentismo di Berlin, il sibilo di Metal Machine Music, l’elegia sinfonica di Street Hassle, la logorrea alla Lenny Bruce di Take No Prisoners, le implosioni di Magic And Loss, l’omaggio a Edgar Allan Poe di The Raven, la musica ambient di Hudson River Wind Meditations. E i Metallica? Si mettono al suo servizio con l’ambizione di sperimentare per la prima e unica volta in carriera.
Brandenburg Gate, “ouverture” di questi 90 minuti senza respiro, è una ballata dai fuggevoli accordi acustici che nell’avvilupparsi delle chitarre elettriche si evolve grandiosa. The View, punta su un monolitico riff ripetuto all’infinito mentre la ruvida voce di Lou è puro reading. L’inizio solenne di Pumping Blood, col violino filtrato dall’elettronica, cede il passo all’incedere marziale delle chitarre che a loro volta si fanno tappeto sonoro al servizio di un canto aritmico e straniante. Il cuore di questo brano, fra minimalismo e titaniche rullate di batteria, si trasforma in un galoppante rock and roll e quindi in speed metal. Mistress Dread, con quell’iniziale organo da chiesa che depista, è accelerazione folle, thrash metal crudele. Iced Honey declina Sweet Jane come ideale fonte ispirativa. Cheat On Me, con la sua lunga premessa ambientale che anticipa le sperimentazioni della seconda parte di Lulu, fa deflagrare un heavy metal che trascina e stordisce. Dal noise elettronico, Frustration passa a un rock che paga idealmente pegno ai Black Sabbath, mentre Little Dog è un pezzo atmosferico pizzicato dalla chitarra acustica ed elasticizzato da distorsioni elettriche in cui Lou declama, sussurra, centellina le parole. Dragon, raggrumata quintessenza sperimentale, oscilla fra la velvettiana Sister Ray e il metallo più velenoso. Junior Dad, misticheggiante ballad, è infine la nuova Pale Blue Eyes che si avvolge con commozione attorno a questo archetipo della donna fatale. Lulu, che il tempo faccia comprendere a tutti la tua stordente bellezza.
Lou Reed & Metallica, Lulu (2011, Vertigo/Universal)