In streaming su Netflix, Eric ha fatto parlare di sé anzitutto per la presenza del bravissimo Benedict Cumberbatch, che ha destato subito interesse; e per il fatto di essere una di quelle serie televisive destinate a intrufolarsi nel pubblico. C’è chi non la sopporta definendola troppo pretenziosa e chi, viceversa, l’apprezza ritenendola poetica e commovente. Mi sento di dissentire sulla pretenziosità e abbraccio l’idea che Eric, in ogni caso, valga la pena di essere vista. Potrebbe sembrare la classica serie su un bambino scomparso e sulla disperata ricerca dei genitori di avere risposte, ma è invece molto di più.

Vincent è un famoso burattinaio in un noto programma televisivo per l’infanzia, Good Day Sunshine. La sua vita, però, non è tutta rose e fiori: soffre di dipendenza da alcol e droga, litiga spesso con la moglie Cassie e trascura il figlio Edgar, di 9 anni, che al contrario è talmente affascinato dal lavoro di papà che dalla sua mente e dalla sua mano escono idee geniali per la trasmissione. Una di queste è proprio Eric: in apparenza un enorme pupazzo azzurro, una sorta di “uomo delle nevi ” con una voce cavernosa e un paio di zanne bianche in bocca. Ma chi è davvero? È ciò che rimane a Vincent di suo figlio che è sparito nel nulla; ma è al contempo la sua coscienza, l’ancora di salvezza, la parte nascosta che lo sprona non solo a cercare la verità dietro alla scomparsa di Edgar ma a superare i traumi del passato, dovuti a una famiglia assente e autoritaria. Perciò Vincent è autodistruttivo, fragile, a tratti detestabile.

I MOSTRI VERI NON SONO SOTTO AL LETTO

Quale bambino, almeno una volta, non ha avuto paura dei mostri sotto al letto? Quelli che di notte, al buio, quando tutto tace sono lì, pronti a farti del male. Eric ci fa comprendere che i mostri veri sono fra noi, fra le persone meno sospettabili, quelle che all’apparenza dovrebbero infonderci fiducia. Parallelamente alla storia di Edgar ce ne vengono raccontate altre 2: la scomparsa di un altro ragazzo omosessuale di colore, che porterà a scoprire i loschi giri del politico Richard Castello; il lavoro e la vita privata del detective Michael Ledroit, anch’egli nero e segretamente gay, sposato con un uomo che sta morendo per aver contratto l’Aids.

La New York che ci viene narrata è quella degli anni ’80, obbligata a dover fare i conti tanto con la violenza quanto con il degrado; e che affrontava il problema dell’infezione da Hiv, con conseguenti episodi d’omofobìa e razzismo. Insomma, tanta carne al fuoco per un’unica miniserie. Da questo punto di vista, bisogna ammettere che i temi trattati sono tanti, forse troppi per essere esauriti in soli 6 episodi. Resta il fatto che l’ho trovata commovente e toccante al punto giusto, con un plus per la straordinaria interpretazione di Cumberbatch.

ERIC E IL CASO DI CRONACA DA CUI PRENDE (FORSE) ISPIRAZIONE

Eric è tratto da una storia vera? La risposta più plausibile è no, dal momento che è inventata dalla sceneggiatrice Aby Morgan insieme alla regista Lucy Forbes. Nonostante questo, ci sono riferimenti non del tutto casuali a un fatto di cronaca realmente accaduto nel 1979: il caso di Etna Patz, un bambino di 6 anni scomparso mentre andava a scuola, come accade di fatto nella serie con Edgar. Stava raggiungendo la scuola per la prima volta da solo e il suo corpo non fu mai ritrovato, scatenando a New York un polverone mediatico e cambiando per sempre le procedure della polizia nei casi di bimbi dileguati nel nulla.