Giunto alla 36^ edizione, Time in Jazz è un festival imprescindibile: un percorso nella Sardegna dell’interno fra boschi di sugheri e macchia mediterranea, altipiani e vallate, nuraghi e chiese campestri che ha come caposaldo Berchidda, il paese natale di Paolo Fresu. Nello sfogliare il programma di quest’anno, 2 nomi in particolare hanno attirato la mia attenzione: Eivind Aarset e Dhafer Youssef, che sono stati in diverse occasioni compagni di viaggio dello stesso Fresu.

Paolo Fresu

Ricordo nel 2001 alla Cascina Grande di Rozzano un concerto in duo di Paolo con Youssef, quando rimasi folgorato dalle loro improvvisazioni e da quel sound creato con la tromba, l’oud, l’elettronica, le ritmiche programmate ma soprattutto con la voce di Dhafer, radicata nella tradizione Sufi e nella musica mistica. Poi mi è capitato di ascoltarli con Nguyen Lee e ancora con Eivind Aarset, quando la chitarra e la ricerca elettronica di quest’ultimo avevano dato corpo alle improvvisazioni di Fresu e di Youssef.

Quei concerti dove si mischiavano l’etnico, il jazz, le sperimentazioni elettroniche e la musica sacra, hanno acceso la miccia del mio innamoramento per Paolo Fresu, che ho visto live con Ralph Towner, Uri Caine, Richard Galliano, Omar Sosa, Enrico Rava eccetera, ma in ogni caso rimango affezionato a quelle performance con Youssef e Aarset, di cui avevo trovato testimonianza discografica in Latitudini – Omaggio alla World Music, il Cd allegato nel 2008 al settimanale l’Espresso.

Eivind Aaarset

Nel frattempo, mi sono appassionato agli album di Dhafer Youssef come Electric Sufi, Divine Shadows e Birds Requiem. Sicchè i 2 concerti di Time in Jazz mi sono piaciuti eccome. Il 12 agosto, Eivind Aaarset ha proposto Phantasmagoria, Or A Different Kind Of Journey (2021) con il bassista Auden Erlien e i 2 batteristi-percussionisti Erland Dhalen (che ha suonato anche il vibrafono) e Wetle Holte (anche al mellotron e all’organo). La loro musica psichedelica mi ha fatto pensare ai Pink Floyd e a certe sperimentazioni di David Sylvian con Robert Fripp, di Jon Hassel e di Arve Henriksen, facendomi peraltro ricordare alcune parti strumentali dei Radiohead.

In buona sostanza, meno jazz ma più atmosfere di rock sperimentale e di musica contemporanea. Il tutto, con grande equilibrio di tempi e di armonie, con ritmiche che incedono o regrediscono al momento giusto. Dietro ai musicisti, uno slideshow di maestose foreste, ampie valli, imponenti altipiani, tundre, fiordi e vegetazione dell’estremo Nord ci ha fatto sognare e meditare luoghi dell’ ”altrove ”. Prima di questo set, la giovane pianista siciliana Sade Mangiaracina, dell’etichetta TUK Music di Paolo Fresu, ha proposto con classe da veterana rielaborazioni del repertorio di Lucio Dalla.

Sade Mangiaracina

Dhafer Youssef

Il 13 agosto è stato il turno di Dhafer Youssef, preceduto dal concerto del fisarmonicista, cantante e compositore francese Vincent Peirani col suo progetto Jockers insieme al chitarrista Federico Casagrande e al batterista israeliano Ziv Ravitz.

Vincent Peirani
© Alessandro Curadi

Youssef ha spaziato fra jazz, elettronica, world music e fusion senza rinnegare le proprie origini e la tradizione Sufi. Con lui, sul palco, Swaeely Mbappe al basso, Shayan Fathi alla batteria, Adriano Do Santos alle percussioni, Daniel Garcia al piano e Mario Rom alla tromba. Si è passati dalle atmosfere di misticismo al funky e alla fusion, con brani coinvolgenti in cui Dhafer ha danzato col suo strumento sulle spalle dando i tempi ai suoi musicisti e guardandoli a turno negli occhi. Cameo prezioso, per un gran finale energico e scoppiettante, Paolo Fresu: che non ha certo smarrito il feeling di suonare insieme ai suoi 2 grandi amici.