Perfino lui si è scoperto addosso un cuore di panna. Talmente soffice da somigliare a un ciliegio in fiore. Succede, è un dato di fatto, che da qualche tempo in qua da bad boy degli YBAs – gli Young British Artists che alla fine degli anni 80 lo videro confrontarsi con i più o meno scandalizzanti Tracey Emin, Sarah Lucas, Mat Collishaw, Abigail Lane, Marc Quinn – Damien Hirst si sia tramutato in un novello Impressionista tutto rinascita e buoni sentimenti.
Damien Hirst in his studio, 2020
© Damien Hirst and Science Ltd.
All rights reserved, DACS 2021. Photographed by Prudence Cuming Associates
La gore art che lo ha reso celebre? Scordatevela. Fate come se non fossero mai esistiti (non sarà semplice, ma perlomeno provateci) lo squalo tigre “formaldeidizzato” in vetrina (The Physical Impossibility Of Death In The Mind Of Someone Living); gli animali sezionati e racchiusi nelle teche con l’imprimatur Natural History; l’olocausto di farfalle ridotte a mandala alati; quel necrofilo delirio intitolato A Thousand Years: larve che diventavano mosche determinate a raggiungere la testa mozzata di un vitello (sempre che riuscissero a by-passare l’elettricità di una griglia moschicida); il memento mori di The Love Of God, il teschio con i suoi bei denti originali ricoperto da 8.601 diamanti.
La nouvelle vague dell’artista nato a Bristol, ça va sans dire, sta facendo bella mostra di sé alla Fondation Cartier di Parigi nella prima mostra istituzionale in terra di Francia intitolata Cherry Blossoms e ispirata all’Impressionismo e al Puntinismo, in un coup de foudre/coup de théâtre che coinvolge idealmente Georges Seurat, Pierre Bonnard, Vincent van Gogh. Esposizione che ha preso forma da un invito rivolto a Damien Hirst da Hervé Chandès, direttore generale della FC, in un incontro londinese di un paio d’anni fa, per concretizzarsi nei 30 dipinti in mostra da loro selezionati (la serie completa ammonta a 107 tele XXL).
View of the exhibition Damien Hirst – Cherry Blossoms, Fondation Cartier pour l’art contemporain, Paris
Photos: Thibaut Voisin
«Per tutta la vita ho avuto una storia d’amore con i dipinti», ha dichiarato Hirst, «anche se ho fatto di tutto per evitarla. Ma quando sei un giovane artista reagisci al contesto che ti circonda; e la pittura, negli anni 80, non era propriamente la strada da percorrere». Questi lussureggianti ciliegi in fiore, tanto grandi che ti sembra di cascarci dentro da un momento all’altro («Tutti i lavori che ho realizzato – gli squali e tutto quel genere di cose – ho voluto fossero aggressivi e sfrontati. Che provocassero in qualche modo una reazione fisica»), giocati come sono sul rosa e sul bianco e sul verde, che si stagliano contro l’azzurro del cielo, sono la logica conseguenza di quei Veil Paintings che lasciavano intravedere vaghi contorni di alberi.
Che poi riaffiorino i ricordi di quando lui era bambino e guardava con stupore i quadri di sua madre che raffiguravano, appunto, i ciliegi in fiore «vistosi, disordinati e fragili», l’aver preso le distanze dal Concettualismo e dal Minimalismo per cogliere l’istintualità del gesto pittorico, ha coinciso con la solitudine del lockdown: «La pandemìa mi ha concesso molto più tempo per vivere insieme ai dipinti e per osservarli, assicurandomi che tutto fosse terminato, anche nei minimi particolari».
The Triumph of Death Blossom, 2018, Private collection
Renewal Blossom, 2018, Private collection
© Damien Hirst and Science Ltd.
All rights reserved, DACS 2021. Photographed by Prudence Cuming Associates
Se avrete l’occasione di visitare questa mostra, fate un esperimento: avvicinatevi il più possibile a 1, a vostra scelta, di questi cerisiers en fleurs; concentratevi su una minuscola porzione di tela e assisterete al raggrumarsi dei colori e al sostanziarsi delle pennellate. Vedrete, insomma, l’Action Painting duellare ad armi pari con l’Impressionismo… «come Jackson Pollock contorto dall’amore». D’altronde non è un mistero che Damien Hirst abbia iniziato fin dagli esordi a ispirarsi all’Espressionismo Astratto con i suoi Spot Paintings: puntini colorati, che sembravano dipinti da una macchina, il cui scopo era cancellare ogni traccia dell’intervento umano.
Dopodichè riguadagnate il più ampio spazio possibile fra voi e la tela, per rendervi pienamente consci di quanto «i cherry blossoms parlano della bellezza, della vita e della morte. Sono estremi, dentro di loro c’è qualcosa di quasi kitsch. Sono decorativi, ma al tempo stesso estrapolati dal contesto naturale». Così è se vi pare. Fino alla prossima mossa dell’ex bad boy.
Damien Hirst – Cherry Blossoms
Fino al 2 gennaio 2022, Fondation Cartier pour l’art contemporain, boulevard Raspail 261, Parigi
tel. 0033-1-42185650
Catalogo Éditions Fondation Cartier pour l’art contemporain, € 72
Album Éditions Fondation Cartier pour l’art contemporain, € 10
Photographed by Joe Hage, © Damien Hirst and Science Ltd., All rights reserved, DACS 2021