La Compañia Antonio Gades ha aperto al Teatro Regio di Parma la Stagione di Danza 2025. Punto di riferimento fra le più importanti al mondo della danza spagnola e del flamenco, la compagnia è tornata nella città emiliana con un titolo iconico del proprio repertorio, Carmen: coreografia, soggetto e luci di Antonio Gades e Carlos Saura, scene di Antonio Saura. Ispirato al racconto di Prosper Mérimée, Carmen è il 3° balletto narrativo di Antonio Gades dopo Don Giovanni e Bodas de Sangre.
© Javier del Real
La premessa di assistere alla rappresentazione di una Carmen di Bizet totalmente diversa dal solito, l’ho avuta al Regio in occasione dell’incontro intitolato La Danza dietro le quinte, presente Maria Esteve, figlia del celebre danzatore e coreografo Antonio Gades (1936-2004), conosciuto per la farruca, il genere musicale flamenco della regione del nord-ovest della Spagna. «Mio padre ha dedicato la sua vita alla ricerca di luoghi e tradizioni della Spagna più remota», ha dichiarato Maria, «per affermare il potere del flamenco come espressione della nostra gente, dandole un valore universale. Ci ha lasciato un segno indelebile che continua a vivere attraverso la Fondazione Antonio Gades a Madrid».
Stella Arauzo con Eleonora Tarantino
Altra figura essenziale, la direzione artistica affidata a Stella Arauzo che ha danzato con Gades dal 1988 al 2012, è stata la sua Carmen preferita e ci ha raccontato così la sua esperienza: «Antonio ha saputo rappresentare la donna come simbolo di libertà e di coraggio nei ruoli di madre, moglie, amante. Carmen non è frivola: è una femmina onesta che quando ama lo dice apertamente; e quando non ama lo dice altrettanto liberamente. Gades ha voluto affermare che la donna non è una proprietà privata (tema di grande attualità). Questa versione, però, necessita di una base della danza classica, per raggiungere il massimo nell’espressione gestuale del corpo, come hanno dimostrato in sala prove Cristina Cornero e Angel Navarro del corpo di ballo».
© Stanislav Levshin
Il sipario è ancora chiuso. Al centro, un cerchio di luce. In sottofondo echeggiano le note del Preludio iniziale habanera. Si apre la scena ed ecco esibirsi la Compañía al completo, immersa in una scenografia minimale, con specchi mobili sullo sfondo e sedie, sgabelli, tavolini in legno rustico. Ci si sente catapultati nell’immaginaria atmosfera di uno scarno tablado (locale) andaluso. I tacchi delle scarpe picchiettano freneticamente sul pavimento. Mani ruotanti di bailaoras (ballerine), abbigliate con vesti di calicò decorate con volant ; e corpi retti di bailaores (ballerini) che indossano jeans e camicie, allo scopo di rappresentare il popolo comune, più o meno di ogni età, fisici più o meno rotondi.
Spetta a loro inaugurare lo spettacolo, accompagnati dai chitarristi Alberto Perianes e José Romero; e dai cantaores Alfredo Tejada, Enrique Bermùdez “Piculabe” e Israel Paz, che danzeranno anch’essi parti soliste. Il loro cante jondo, antico e caratteristico stile vocale del flamenco che trae le sue origini dal popolo gitano, genera il libretto dell’intera esibizione.
Tutto ruota attorno alla vita di Don José, giovane brigadiere in servizio a Siviglia, rappresentato da Alvaro Madrid che esprime con la propria gestualità un tutt’uno con la partner, la suadente Esmeralda Manzanas, passionaria Carmen dal vestito scarlatto che incarna una zingara capace d’irretirlo col suo fascino sulle note di “Votre toast, je peux vous le rendre… Toreador, en garde ” che prelude all’ingresso in scena del marito, Miguel Ángel Rojas.
Nello spettacolo di Antonio Gades il personaggio di Micaela, la sorella adottiva che Don José aveva intenzione di sposare, viene eliminato dalla coreografia. Nella rappresentazione ci sono tutti gli elementi che hanno reso grande l’opera di Bizet, che celebra i 150 anni. Il baile (danza flamenca) dei protagonisti in scena, simboleggia il conflitto interiore e la liberazione emotiva. I corpi dei ballerini solisti si flettono in movimenti di torsione diventando uno strumento viscerale per raccontare la storia di Carmen: dall’allegria alla tristezza, dalla passione alla disperazione, fino alla sua morte.
Tutta la Compañia, nessuno escluso, esprime ogni singola emozione dell’animo umano: gioia, rabbia, dolore, voglia di vivere, gioco, passionalità, solitudine, ira, gelosia. E si scoprono particolari che rendono ancora più magiche scene come la sensuale danza di Esmeralda con il tipico pettine a fermaglio del lungo velo di pizzo nero che si abbina all’abanico (ventaglio), o la gioiosa danza gitana con tanto di nacchere che fanno ardere di passione gli innamorati. Affascina il rito della vestizione del toreador, inscenata da Jairo Rodríguez, che fa sua l’intensa gestualità del prode Escamillo, davanti allo specchio, impegnato a ruotare silenziosamente la muleta in una sorta di rito propiziatorio prima del capote de brega (combattimento) che farà innamorare Carmen, in momentanea separazione dall’amato Don José.
© Javier del Real
I colpi di palos (bastoni) nel flamenco, che all’occorrenza si trasformano in spade per i duellanti, emergono come forme espressivamente distinte, ognuna con le proprie caratteristiche ritmiche e melodiche, intercalate da silenziosi fermi immagini e dalle note di L’amour est un oiseau rebelle, fino al tragico delitto passionale.
Un lungo applauso riporta i danzatori davanti agli specchi, in una sorta di stage del flamenco, coinvolgendo il pubblico a battere ritmicamente le mani. È l’epilogo di uno spettacolo che ci ha fatto respirare la Carmen più autentica, riportandoci alle radici andaluse dei personaggi della partitura operistica. Per chi ancora non lo sapesse, il flamenco è il miglior allenamento cardiovascolare e di resistenza muscolare. Alleato della forza, della flessibilità e dell’equilibrio, contribuisce a migliorare l’allineamento del corpo e la consapevolezza della postura. Dopo una serata così, vien voglia di provarci.