Questo disco sfugge da sempre ai radar delle classifiche dei migliori album jazz. Ma perfino quando si parla della discografia di Miles Davis nessuno si ricorda di questo capolavoro registrato fra il 24 dicembre del 1954 e il 26 ottobre del 1956, ma pubblicato a maggio del 1959. Forse è un bene che sia così. Su un giovane jazzista, un entusiasta innamorato del grande jazz che sta prendendo confidenza con lo strumento, il Principe delle Tenebre e i suoi Giganti potrebbero avere un effetto nefasto: anziché invogliarlo a migliorarsi potrebbero trasmettergli – causa la bellezza sovrana di queste composizioni – un senso di scoramento e di impotenza tali da indirizzarlo verso nuove avventure.
Mai nome di formazione musicale fu più azzeccato: Miles si contorna di autentici Maradona del Jazz alternando a ogni strumento almeno una coppia di “mostri“. Il trombettista condivide infatti la ribalta di Miles Davis And The Modern Jazz Giants con Milt Jackson: i 2 si scambiano assoli di surreale bellezza, coadiuvati da Philly Joe Jones e Kenny Clarke alla batteria, Red Garland e Thelonious Monk al pianoforte, Percy Heath e Paul Chambers al basso, e massì, mettiamoci anche lui, John Coltrane al sax tenore.
L’album si apre con un classico tra i classici, The Man I Love di George Gershwin, brano inflazionato ma che qui si svela struggente ed emozionante come non mai; prosegue con Swing Spring composto da Davis e scaglia un uppercut micidiale con ‘Round Midnight, lo standard composto da Cootie Williams e Thelonious Monk nel 1944, che in questi solchi viene presentato in una nuova, imperiale veste. Chiude le danze Bemsha Swing, altra composizione monkiana: uno swing, come da titolo, di pregevole fattura.
Nelle note di copertina Rudy Van Gelder, responsabile della registrazione, afferma di ricordare bene il suono e la magia di quelle session; e noi devoti davisiani non facciamo alcuna fatica a credergli. Seppur inciso in precedenza, Miles Davis And The Modern Jazz Giants vede la luce solo nel 1959, esattamente dopo Porgy And Bess, album strafamoso e vendutissimo registrato con l’orchestra di Gil Evans; e appena qualche mese prima di Kind Of Blue, l’Lp più venduto della storia del jazz.
Ora, del perché molti conoscano Porgy And Bess, praticamente tutti Kind Of Blue e in buona sostanza nessuno si ricordi di questi giganti moderni, rimane un mistero glorioso che io davvero non so spiegare. Mi auguro che questa recensione accenda un po’ di curiosità fra voi appassionati che ancora non conoscete questo capolavoro. Accostatevi a questi brani di una magia totale; e se qualcuno dovesse chiedervi di Miles e dei suoi Giganti, rispondetegli con le parole di Al Pacino nel film Donnie Brasco: «Che te lo dico a fare?». Buon ascolto.
Miles Davis And The Modern Jazz Giants (1959, Prestige Records)