Per l’utilizzo assai moderato degli strumenti elettrici nel loro 1°, omonimo disco del 1971; e per un gusto derivato fondamentalmente dal tastierista Joe Zawinul e dal bassista Miroslav Vitous, possiamo affermare che i Weather Report siano nati più “jazzisti ”. Lo testimoniano le atmosfere arcane più che ritmiche dei brani che aprono le 2 facciate, Milky Way e Morning Lake, cui va aggiunto il tono “pastorale” del sax di Wayne Shorter che contribuendo alla definizione atmosferica dell’album ne fa un prodotto di puro jazz con elementi elettrici. Assunto dimostrabile anche dal fatto che la struttura dei pezzi si presta non solo all’improvvisazione, ma anche a una loro dilatazione: prova ne sia il concerto del luglio 1971 all’Internationales Musikforum di Ossiach, in Austria.
Tutto ciò ha un senso anche nel disco successivo, I Sing The Body Electric, da molti considerato il loro capolavoro: più jazz che rock, denso di tonalità inquietanti date da certe dissonanze delle tastiere a volte compensate dal sax, il vero e proprio strumento solista del gruppo. I Sing The Body Electric include gioielli perfettamente digeribili dal più accanito cultore del jazz “puro ” come Unknown Soldier, Crystal e The Moors dove compare con una spettacolare performance il chitarrista Ralph Towner.
La critica più cerebrale inarcò invece il sopracciglio con il 3° Lp, Sweetnighter (1973) in particolare per il brano più lungo della raccolta, Boogie Woogie Waltz, a mio parere assolutamente jazz e di notevole complessità, strutturato su accenni solistici reiterati che trovano la loro forma compiuta in una frase melodica verso la fine. Ma forse non era piaciuta la sottesa frenesìa ritmica: come se, in maniera timida ma evidente, i Weather Report si stessero posizionandoo sulla scia del nuovo Miles Davis.
Ma la svolta viene sancita da quel Mysterious Traveller del 1974 considerato dalla critica un deciso tradimento, un cedere alla “funkyzzazione ” progressiva del jazz sulle orme davisiane. Al contrario, era un ottimo disco per l’epoca e lo è ancora oggi. Certo, è più fruibile rispetto ai 2 precedenti dischi, ma fruibilità non vuol dire negatività. Vero è che, nelle radio di allora, venivano proposti soprattutto 2 brani, American Tango e Nubian Sundance, che erano forse i più sfrenatamente ritmici, ma nel complesso trovo Mysterious Traveller di ottimo livello come il brano eponimo, di Wayne Shorter, che riesce a dare un’impressione di oscurità solo con la ripetizione di una frase al pianoforte che si ripete dall’inizio alla fine ma poi viene continuamente arricchita.
Si nota, anzitutto in nuce, una caratteristica che accomunerà dai dischi successivi Joe Zawinul a Herbie Hancock: la capacità di mescolare vari stili jazzistici in frasi musicali difficilmente dimenticabili come Black Market, nell’album omonimo del 1976, che sembra fondere il free jazz con lo swing per poi concludersi con un grande assolo di Wayne Shorter; o più ancora Birdland su Heavy Weather (1977): ossia il pezzo dei Weather Report che maggiormente è rimasto nel tempo.