Seconda opera cinematografica della regista indiana Payal Kapadia, All We Imagine As Light è stata presentata in anteprima al 77° Festival de Cannes, dove ha vinto il Gran Prix della Giuria presieduta da Greta Gerwig. Nel 2021, Kapadia aveva partecipato alla Quinzaine des Cinéastes con A Night Of Knowing Nothing, premiato con il Golden Eye nella categoria Miglior Documentario.
Al cinema dal 10 ottobre, All We Imagine As Light – Amore a Mumbai racconta di 3 donne nella metropoli indiana. Prabha (Kani Kusruti), Anu (Divya Prabha) e Parvati (Chhaya Kadam) sono infermiere nel reparto di ginecologia di un ospedale. Hanno età differenti, ma le loro esistenze sono molto simili: tutte e 3 lavorano sodo e non hanno una vita al di fuori di quelle mura.
Prabha si è sposata secondo le usanze indù con un matrimonio combinato, ma subito dopo suo marito è partito per la Germania alla ricerca di un lavoro. All’inizio lei attendeva con ansia le sue telefonate, ma ora che il telefono non squilla neppure una volta all’anno vive in una sorta di quieta rassegnazione, arrabattandosi fra turni di lavoro lunghi e faticosi, la pulizia della casa e null’altro. Non c’è rivalsa nei suoi occhi, ma consapevolezza del suo posto in quell’universo caotico che è Mumbai.
Divide l’appartamento con la giovane Anu, anche lei in attesa di nozze combinate ma innamorata di Shiaz (Hridhu Haroon), un giovane musulmano che mai potrebbe essere accolto dalla sua famiglia. Il bisogno di ribellarsi l’accompagna ogni giorno e i suoi comportamenti sono tutt’altro che apprezzati dalle colleghe di lavoro, che la considerano troppo promiscua.
La regista Payal Kapadia
© Ranabir Das
Parvati, infine, è una vedova in procinto di essere allontanata dall’abitazione dove ha vissuto per 20 anni. Purtroppo non riesce a trovare un documento che attesti la proprietà della casa, dal momento che era suo marito a gestire tutto. Lei, allora, decide di tornare al suo paese d’origine e chiede alle 2 amiche d’accompagnarla e aiutarla nel trasloco.
Gentile e romantica, la storia di All We Imagine As Light è solo un mezzo per narrare la megalopoli, le sue alienazioni e la vita sociale indiana con il suo intreccio di contraddizioni: prima fra tutte, il controllo pressochè totale sulla vita delle persone e in particolare sulle donne. Kapadia è abile nel raccontare tutto questo; e l’intensità di ogni sguardo, di ogni luce e di ogni suono ci conduce in quel mondo. Se le attrici sono tutte bravissime (in particolare Kani Kusruti, con quel suo sguardo magnetico cui è impossibile resistere), i rumori di Mumbai e della natura sono la principale colonna sonora del film, affiancati dalle musiche del cantautore Tapesh Ranjan Mitter, in arte Topshe.
Intensa ed elegante, con un tocco registico delicato e poetico, All We Imagine As Light è fra le più belle pellicole degli ultimi anni. C’è un che d’ineluttabile nell’esistenza delle protagoniste, eppure sono quasi tangibili la speranza e il sogno di una vita migliore. O semplicemente diversa.