Secondo appuntamento di ParmaDanza 2025 al Teatro Regio con l’omaggio a La Strada di Federico Fellini (1954), Oscar nel 1957 come miglior film straniero. L’omonimo balletto, fra i più rappresentativi del repertorio novecentesco italiano, venne allestito negli anni 60 al Teatro alla Scala di Milano dal coreografo Mario Pistoni con un’indimenticabile Carla Fracci protagonista, fino alle recenti étoiles Oriella Dorella e Alessandra Ferri. La colonna sonora di Nino Rota e altre sue composizioni per il cinema hanno dato vita a questo balletto in un unico atto.
© Andrej Uspenski
Alina Cojocaru, étoile d’origine rumena con residenza britannica, dall’alto della sua carriera internazionale non teme confronti. Perciò ha voluto produrre questa nuova versione coreografica: «È vero, può rivelarsi rischioso accostarsi a un titolo per voi italiani tanto carico di memorie», ha confidato l’artista durante l’incontro La danza dietro le quinte alla vigilia del debutto in prima nazionale. «Il confronto con altri danzatori, coreografi e balletti connesso alle nostre scelte artistiche, non deve spaventarci ma spronarci a trovare nuove strade dando il meglio di noi stessi. Io non sento di dover dimostrare nulla: ho scelto di rivisitare questo titolo perché ho avvertito fin da subito un forte legame col personaggio di Gelsomina e ho sentito il desiderio d’esplorarlo».
Alina Cojocaru con Eleonora Tarantino
Si è trattato, per Alina, di una vera e propria “chiamata ”: «Lo ammetto: non conoscevo il film di Fellini. È stato il coreografo John Neumeier a parlarmene mentre nel 2011 mi preparavo a debuttare nel suo pas de deux intitolato Liliom, suggerendomi di vederlo in modo che il carattere di Gelsomina ispirasse la mia Julie. Me ne ero dimenticata ma anni dopo, durante la pausa forzata del Covid e la nascita di mia figlia ho ripensato a Gelsomina, così pura e ingenua, al punto da cominciare a indagarla nell’eventualità di un nuovo balletto».
L’incontro con la coreografa slovacca Natália Horečná ha contribuito al buon esito della produzione dandoci il piacere di ammirare una minuta Gelsomina che danza leggera, sulle note di Nino Rota, sollevata dalle braccia dei magistrali ballerini Marc Jubete e Claudio Cangialosi, con le loro ampie camicie bianche a kimono. Creature angeliche che la veglieranno sempre, nel bene e nel male, nei suoi ingenui sogni d’eterna bambina.
Mick Zeni (Zampanò) e Alina Cojocaru (Gelsomina)
Sul palco ci sono tutti gli elementi del set cinematografico: il motocarro e il circo, curati da Otto Bubeníček, rappresentano l’Italia del dopoguerra dilaniata dalla povertà, mentre i 2 fili di luminarie multicolori di Andrea Giretti danno un tocco d’atmosfera circense. La storia, poi, scorre incantevole e il volto così espressivo di Alina Cojacoru è protagonista assoluto, interpretando a meraviglia Gelsomina che all’epoca fu di Giulietta Masina. La sua gestualità trasforma la danza in una carrellata nostalgica: quel cappellino, quel giacchino, quell’umile abito, quella tromba e quel modo di vivere una misera esistenza…
Venduta e abbandonata al proprio destino, lei è in balìa del violento e rozzo Zampanò interpretato dal nostro Mick Zeni, primo ballerino del Teatro alla Scala già Zampanò nella versione del balletto di Mario Pistoni. L’unico momento di gioia, per la protagonista, è l’incontro con 7 artisti di uno sgangherato circo dove incontrerà un amorevole Matto, funambolo sul monociclo interpretato con abilità dal ballerino danese Johan Kobborg (partner di Alina anche nella vita) che le donerà un fiore rosso chiamato a ravvivare la sua misera giacchetta.
Johan Kobborg (Il Matto)
© ASH
Nei loro sgargianti costumi, i danzatori fanno teatralmente da cornice alla coinvolgente messinscena, compreso l’ingresso di 2 giganteschi e carnevaleschi fantocci-clown che chiude la prima parte. Proseguendo verso il tragico finale, Gelsomina resta incatenata al rapporto con il suo “carceriere ”, nonostante l’occasione di liberarsene per seguire Il Matto. L’uccisione involontaria di quest’ultimo è per lei inaccettabile: verrà abbandonata da Zampanò, agonizzante, con accanto la tromba con cui suonava una musica nostalgica. E i sogni, per lei, finiranno.
Alina Cojocaru, nel finale, s’abbandona con leggerezza a passi di danza classica (è l’unica della compagnia a ballare sulle punte) fra le braccia dei suoi angeli, fino a dileguarsi decretando la morte di Gelsomina. Il sipario si chiude, applausi per tutto il corpo di ballo e lancio di fiori alla bravissima Alina.