Sappiate che al confronto tutti gli altri dischi dal vivo di Vincent Damon Furnier, in grandguignolesca arte Alice Cooper, scompaiono letteralmente nel nulla. Per la semplice ragione che Live From The Astroturf, uscito lo scorso 30 settembre sull’onda dello slogan “Pop the popcorn, blow up the balloons, dim the lights and crank it up“, è la prova di come l’impossibile possa tramutarsi in realtà.
Quei 200 fans che il 6 ottobre 2015 si sono messi in fila davanti al Good Records di Dallas (Texas) in trepida attesa di una firma vergata da Dennis Dunaway sull’autobiografia Snakes! Guillotines! Electric Chairs! My Adventures In The Alice Cooper Group, mai si sarebbero immaginati che il titolare dello store, Chris Penn, avrebbe organizzato la reunion della band che si era sciolta nel 1974 dopo aver messo teatralmente in scena l’hard rock nella sua più logica trasfigurazione glam.
Quella sera Alice Cooper (voce), Michael Bruce e Ryan Roxie (chitarre, quest’ultimo in loving memory di Glen Buxton, passato 50enne a miglior vita nel 1997), Dennis Dunaway (basso) e Neal Smith (batteria) hanno eseguito alla perfezione 8 brani con il pensiero, questo è poco ma sicuro, rivolto al 1969 del contratto discografico firmato con la Straight Records di Frank Zappa, già folle/geniale detentrice di Captain Beefheart e delle GTO’s (Girls Together Outrageously). 8 sordidi, rauchi, oltraggiosi pezzi a rammentare i 7 migliori ellepì della carriera, con e senza boa constrictor, di Alice Cooper: Pretties For You, Easy Action, Love It To Death, Killer, School’s Out, Billion Dollar Babies e Muscle Of Love, anni di grazia 1969-1973.
Alice Cooper Band, 1969: Neal Smith, Michael Bruce, Alice Cooper, Dennis Dunaway, Glen Buxton
Detto ciò, accanto ai sempiterni riff chitarristici di School’s Out (glam song senza indugio alcuno al pari di Virginia Plain dei Roxy Music, All The Young Dudes dei Mott the Hoople, Hot Love dei T. Rex e This Town Ain’t Big Enough For Both Of Us degli Sparks) Live From The Astroturf passa in rassegna – dal rock & roll all’hard, con sapidi blitz nel rock blues – il passo spinto in postura mainstream di Caught In A Dream; l’ineffabile wall of sound di Be My Lover, i tormenti e le estasi elettriche di I’m Eighteen; i cortocircuiti di Is It My Body; l’adrenalinica orecchiabilità di No More Mr. Nice Guy; le trascinanti progressioni di Under My Wheels; la scorza dura di un inno come Elected (a mo’ di bis) e lo strumentale Desperado (dal soundcheck).
Che poi la legendary reunion sia stata filmata, nella ferrea convinzione di essere tramandata ai posteri, lo dimostrano il Blu-ray e il Dvd che accompagnano rispettivamente la versione Cd e Lp dell’album. Diretto da Steven Gaddis e prodotto da Chris Penn, il documentario Live From The Astroturf, Alice Cooper presentato nel 2019 al Phoenix Film Festival snocciola in 100 minuti il full show, gli eventi che lo hanno preceduto e le interviste esclusive allo storico quartetto. Buon ascolto e buona visione, dunque. Nell’attesa che Alice Cooper rimetta in circolazione – a 2023 inoltrato – l’unica band equiparabile ai tempi d’oro: Hollywood Vampires.