In poche occasioni può capitare a un lettore di trovarsi davanti a un non-romanzo più romanzesco di questo. Alla base di tutto c’è un incontro straordinario fra l’etnomusicologo Alan Lomax e il pianista Jelly Roll Morton (1890-1941), genio bizzarro e megalomane ma capace di trascinare chiunque nel vortice delle sue storie (vere o false, poco importa). Nel 1938 Lomax aveva scovato in un piccolo club di Washington il musicista creolo, protagonista dell’epoca d’oro di New Orleans e ormai pressoché dimenticato. Gli aveva chiesto un’intervista, che in realtà sarebbe durata diverse settimane. Morton era un fiume in piena…

Si può provare con l’immaginazione a sceneggiare quello storico incontro: Jelly Roll, malridotto ma vitale, che si presenta nel lussuoso reparto musica della Library of Congress di Washington e Lomax che comincia a registrare. Il musicista, seduto al piano, fruga nella sua formidabile memoria, srotola una serie infinita di storie e aggiunge con nonchalance alle sue parole qualche frammento sonoro, qualche accenno di blues. E il mistero della nascita del jazz, lungi dal chiarirsi, s’infittisce… Lomax ascolta quegli incredibili racconti e intanto progetta viaggi e verifiche sul campo, cioè tra gli ultimi superstiti di New Orleans.

Come si esprime l’etnomusicologo nel suo Preludio, Jelly Roll sviluppava “una ordinata nenia narrante, arricchita dalle sue preziose mani che percorrevano i tasti”. Ed emerge lo spaccato sociale di una città senza confronti agli albori del ‘900: “voodoo, lussuria, gioco d’azzardo e quella musica… che ha reso possibile la costituzione di un genere e una filosofia di vita che è riconosciuta come jazz”. Tutto questo mondo sarebbe finito nel 1917 con la chiusura dei bordelli di Storyville, il quartiere a luci rosse; e ai musicisti di New Orleans non restava che migrare nelle città del nord, soprattutto a Chicago e a New York.

Tuttavia un avventuriero di razza come Jelly Roll aveva cominciato molti anni prima a vagabondare per gli States: l’intento fondamentale era guadagnare tanti soldi e fare la bella vita, con qualsiasi mezzo più o meno lecito. Suonare il piano era all’inizio solo un divertimento in più. Poi, man mano che l’industria discografica scopre la sua musica, lui comincia a fare sul serio: lancia locali (sempre ai confini della legalità), mette insieme band di tutto rispetto ma soprattutto compone e incide dischi, imponendo il suo stile. Uno stile davvero unico, in cui l’equilibrio fra arrangiamento e improvvisazione è rigorosamente dettato dalla sua mente musicale, un pieno di eleganza e originalità. Purtroppo, insieme alle doti ci sono i molti difetti di un caratteraccio che si fa più nemici che amici: la sua presunzione di essere sempre il numero 1, l’arroganza e la litigiosità, la maniacale convinzione che tutti i colleghi pensino solo a rubargli le idee. Perciò la sua è un’esistenza sulle montagne russe, un alternarsi di alti e bassi fino ad arrivare a una vecchiaia oscura e miserabile. Il 10 luglio 1941, in un ospedale di Los Angeles, si conclude il tormentato viaggio terreno di Ferdinand Joseph La Mothe, in arte Jelly Roll Morton. E comincia la leggenda.

Lomax rielaborerà per anni tutto il materiale raccolto, lo arricchirà con altre indagini sul campo e arriverà a pubblicarlo solo nel 1950, molti anni dopo la morte del pianista che si vantava di essere “l’inventore del jazz”. Ma il destino di questa opera è davvero strano: sembra dotata di una misteriosa forza magica (forse è voodoo?) che annulla le distanze temporali: nasce da un fortuito incontro nel 1938; realizza una delle più straordinarie indagini sull’epopea di New Orleans dagli ultimi anni dell’800 al 1917; si completa e viene pubblicato in America solo nel 1950; e ora finalmente arriva la prima edizione, tradotta in italiano, nel 2019 (!).

L’impresa si deve a un piccolo e coraggioso editore, Quodlibet, e non poteva essere realizzata in modo migliore. Si tratta infatti di una pubblicazione ricca e accuratissima: dal saggio introduttivo di Stefano Zenni, al Preludio di Lomax; dai 5 capitoli delle memorie di Morton alternati con gli Interludi che raccolgono le testimonianze di molte altre leggende del jazz primigenio, alle illustrazioni originali di David Stone Martin; dalla postfazione di Lawrence Gushee, alle 2 appendici con la riproduzione di spartiti delle composizioni più famose e una discografia aggiornata. La traduzione, decisamente impegnativa, è affidata a Giuseppe Lucchesini. Il tutto sotto l’occhio di un curatore competente quale è Claudio Sessa, che alle note a piè di pagina di Lomax ne ha aggiunte molte altre di sua mano, nell’intento di orientare chi legge nel complesso mondo di New Orleans.

Si sente spesso dire che i libri di argomento musicale rappresentano una produzione di nicchia. Ma se fossero realizzati sempre con questa accuratezza, certamente i lettori sarebbero molti di più.

Alan Lomax, Mister Jelly Roll. Vita, fortune e disavventure di Jelly Roll Morton, creolo di New Orleans, «Inventore del Jazz», Edizioni Quodlibet, 368 pagine, € 25