Il rock tedesco è stato forse l’espressione musicale più originale che l’Europa abbia prodotto tra il 1968 e il 1975, ma non solo. Se consideriamo che fra i suoi aspetti c’è stata l’introduzione di se stesso all’elettronica, possiamo ben dire che, per esempio, un gruppo come i Kraftwerk sia stato più influente dei Beatles e che senza di loro probabilmente non ci sarebbe stato neanche il David Bowie di Low e Heroes. Tuttavia, perché un tale movimento sia nato in Germania e non altrove bisogna spiegarlo.

La nazione del dopoguerra vive una situazione schizofrenica. A differenza dell’Italia la Germania ha fatto i conti, sia pure in modo contraddittorio, con il nazismo. Ma solo a livello ufficiale: nelle famiglie, sia ad Ovest sia ad Est, di nazismo non si parla; ma i figli sanno che i padri sono stati nella Hitler-Jugend, che hanno combattuto e molte volte assistito a orrori. Di conseguenza, il rock diventa una forma di uccisione del padre e di ricostruzione della Germania. In tal senso sono significative le affermazioni di Renate Knaupp Krötenschwanz, ex cantante degli Amon Düül 2 e dei Popol Vuh, che storicizza il fenomeno in un ottimo documentario della BBC di qualche anno fa:

«Mio padre non disse mai di essere stato nazista»

e di Ralf Hütter, ex Kraftwerk:

«Tutto era morto in Germania e la musica doveva ricominciare»

Significa che di musica in terra tedesca non ce n’era? Tutt’altro, ma era musica di consumo: dalla melodica Carmela Corren con Eine Rose aus Santa Monica (con tanto di fisarmonica in sottofondo), alla versione tedesca di My Boy Lollypop di Heidi Bachert fino ai Die Flippers, sorta di Ricchi e Poveri al maschile. Ma tutti, nel complesso, di livello anche inferiore rispetto all’analoga musica del resto d’Europa. Quando il genere cambiava si trattava di rock’n’roll abbastanza accademico: spesso, infatti, i pezzi erano traslitterazioni degli hit americani come succedeva in Italia; e come in Italia, la penetrazione della musica angloamericana era favorita dal boom economico.

Ma la schizofrenia tedesca non era data solo dai conti con un passato non detto, ma anche con un presente scomodo poiché l’Ovest doveva essere occidentale ma confinava con l’Est che era un altro mondo, con un altro sistema che però non si poteva ignorare perché moltissimi avevano parenti nella DDR. Fondamentalmente, perciò, si trattava di un mondo spezzato dove non era accettabile essere occidentali tout court solo per obbligo geopolitico, dove le menti più sensibili volevano ricercare una nuova purezza facendo i conti col passato, ma dove esistevano oggettivi limiti politici a impedire una piena realizzazione di quanto si sognava. Ecco perciò che la ribellione giovanile prende, ben presto, la via del terrorismo isolato e senza futuro, quello della Banda Baader Meinhof; o anche quello delle comuni dove si sperimentano nuove forme di convivenza, non aliene da infatuazioni lisergiche poiché è bene ricordare che Timothy Leary fu spessissimo presente in Germania, amico di molti musicisti. Se alla dimensione comunitaria aggiungiamo il rock’n’roll e forse il primo dei grandi festival rock europei, quello di Essen del 1968, le basi per il futuro Krautrock sono quasi tutte gettate soprattutto se consideriamo che, fra gli stranieri, si esibirono personaggi sicuramente anomali rispetto al mainstream del rock di quell’anno, quali Tim Buckley e soprattutto The Mothers of Invention.

Ma quanto sopra non sarebbe ancora bastato a creare un clima musicale assolutamente diverso rispetto al resto del mondo se non ci fosse stata una base preesistente. Base che ha un nome e un cognome: Karlheinz Stockhausen (1928-2007), musicista coltissimo che fin dagli anni 50 creava musica elettronica con il suo Gesang der Jünglinge im Feuerofen; e un luogo, Darmstadt, dove fin dal 1946 si tenevano nella locale scuola di musica corsi per compositori d’avanguardia; e dove aveva spazio sia la strumentistica tradizionale, sia l’elettronica, sia la cosiddetta musica concreta.

Se l’influenza di Stockausen e della scuola di Darmstadt è risultata più palese per certi musicisti piuttosto che per altri, un dato comune fra i tedeschi rispetto agli inglesi è la cultura in genere e quella musicale in particolare, mediamente più elevata. Tutti i tedeschi in generale erano buoni conoscitori di classica, jazz e avanguardia. Ciò ha fatto sì che anche il Krautrock non fosse una musica facile, proprio per tutti. Ed è dimostrato dall’essere stato decisamente negletto in patria, che abbia riscosso un certo successo (ma transitorio) in Inghilterra, che fosse fenomeno di nicchia in Italia e abbia avuto solo una fiammata negli USA a metà degli anni 70 coi Kraftwerk di Autobahn, anche se poi questi ultimi hanno successivamente prodotto hits in serie facendo sbarcare il krautrock in discoteca insieme a Giorgio Moroder. Con Bowie, il più illustre compagno di strada dell’elettronica tedesca.

Foto: Un dettaglio della copertina dell’Lp Autobahn dei Kraftwerk (1974), realizzata da Emil Schult
I Kraftwerk nel 1973. Da sinistra: Ralf Hütter, Florian Schneider, Emil Schult
Karlheinz Stockhausen
Renate Knaupp Krötenschwanz
La Banda Baader Meinhof
The Mother of Invention di Frank Zappa al festival rock di Essen, Germania, 1968