Le altre, al confronto, erano ragazzine in piena tempesta ormonale. Marianne Faithfull, Cynthia Plaster Caster, Bebe Buell: pruriginose fans da una botta e via. Perché la prima, vera groupie della storia del rock è stata lei, la losangelena Pamela Ann Miller, meglio conosciuta come Pamela Des Barres. In un giorno infilzato negli anni 60, a Bel Air, vede Paul McCartney affacciarsi a una finestra. In quel preciso istante, Pamela si rende conto di poter coronare il suo sogno: incontrare le stelle del rock, vivere con loro e come loro, nel backstage e sotto le lenzuola. Una missione. Un atto d’amore. Pedinare i suoi idoli riuscendo ogni volta a fargli perdere la testa. Una Groupie con la maiuscola, non un’idiota “starfucker”. Pamela Des Barres, la geisha del Flower Power, sapeva amare con tutta se stessa. In cambio, chiedeva rispetto e un piccolo spazio fra le leggende rockettare. Jim Morrison, Mick Jagger, Jimmy Page, Noel Redding, Keith Moon. Sono solo alcuni fra i tanti notabili del rock a esser stati concupiti dalla disponibile, premurosa ragazza. Più 1 sposato nel 1977 e lasciato nel 1991: Michael Des Barres dei Silverhead. E anche una pattuglia di artisti con cui Pam è rimasta grande amica: da Robert Plant dei Led Zeppelin a Ray Davies dei Kinks, fino a Captain Beefheart. Raccontati all’epoca dell’amore free in Sto con la band, libero diario in liberi sex & rock & roll. “Volevo stare vicina a quegli uomini che mi facevano sentire così maledettamente bene, e niente me lo avrebbe impedito. Volevo trattare… bene una rockstar”, scrive lei nel “preludio” del libro. Sembra quasi trattenere il fiato, prima di raccontare per filo e per segno “quell’estatica alchimìa che c’era nell’aria”.

Com’è nata l’idea di Sto con la band?
«Quando mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto. Cioè in California, negli anni 60 della massima esplosione rock. Tenevo già un diario. Lo aggiornavo da quando avevo 9 anni ed ero certa che un giorno o l’altro avrei comunicato al mondo le mie esperienze di vita».

Cosa significa “groupie”: attitudine? Status symbol? Marchio indelebile del rock?
«Groupie è una donna che ama talmente tanto la musica da voler innescare un rapporto ravvicinato con chi la crea. Augurandosi, in qualche modo, di poterlo ispirare. Quand’ero una teenager sognavo di vivere accanto alle rockstar. E se oggi mi reputo una persona creativa e una scrittrice di un certo successo, lo devo ai geniali musicisti che ho avuto la fortuna di frequentare e che mi hanno fatto crescere. In tutti i sensi».

Le groupies, oggi, hanno un senso o sono inutili?
«Sono sempre importanti. Gli artisti le vogliono ancora accanto. Ne hanno bisogno, dopotutto».

Quali sono gli ingredienti (o i segreti) per essere un’autentica groupie?
«La passione per il rock. E prendersi cura di chi vuoi seguire: dentro e fuori dalle scene».

Cos’è la musica?
«Amore per Bob Dylan, scoprire nuove band, essere appassionata di country dal 1969, quando fu Gram Parsons a farmela scoprire».

Ricordando le stelle del rock che hai incontrato e amato, quale è stata la più amichevole?
«Mick Jagger. Amabile. E autoconsapevole».

E la più anticonformista?
«Keith Moon, il batterista degli Who».

Ti interessano sempre i concerti? Ti infili ancora nel backstage?
«Certe abitudini non si perdono mai».

Che differenza c’è fra i “dietro le quinte” di oggi e del passato?
«Oggi c’è più controllo. Più consapevolezza. Anni fa era tutto istintivo, selvaggio, fuori dagli schemi. D’altronde, i Sixties hanno scandito l’amore libero …».

Con chi avresti voluto fare l’amore, ma non ci sei riuscita?
«Con Jimi Hendrix. Ma ero una timida 16enne… E con Elvis Presley, il mio mito. Mi invitò a casa sua e rifiutai per poi pentirmene».

Mi racconti dell’esperienza musicale nelle GTO’s?
«La sigla stava per Girls Together Outrageously. Eravamo un gruppo di danzatrici che si esibivano per i gruppi più in voga, alla fine degli anni 60, in giro per la California. Dopo avere incontrato Frank Zappa e ballato per le Mothers Of Invention, fu lui stesso a farci incidere e a produrre l’album Permanent Damage, pieno di storie sulle nostre vite selvagge, ambientate a Laurel Canyon e sul Sunset Strip».

Ricordi i primi dischi che hai acquistato?
«Great Balls Of Fire di Jerry Lee Lewis, Jailhouse Rock e Treat Me Nice di Elvis Presley».

La band e il cantautore che preferisci in assoluto?
«Flying Burrito Brothers e Bob Dylan».

Cosa ricordi di 200 Motels, il film di Frank Zappa a cui partecipasti nel 1971?
«Il fatto che Frank avesse fiducia in me. E l’avere incontrato sul set Ringo Starr e Keith Moon».

Hai sposato Michael Des Barres, frontman dei Silverhead. Correvano gli anni 70 del glam rock…
«La trasgressione ai massimi livelli: David Bowie e i T. Rex da una parte, Iggy Pop e i New York Dolls dall’altra. Indossavo biancheria intima e giarrettiere, molto prima che lo facesse Madonna».

Immagina di essere ancora una groupie in attività. Per quale band o solista?
«Ryan Adams, Rhett Miller and The Old 97’s, Todd Snider e Bob Dylan: per tutta la vita».

Pamela Des Barres, Sto con la band, LIT – Libri in Tasca, 360 pagine, € 16

Foto: Pamela Des Barres con Jimmy Page dei Led Zeppelin
La groupie losangelena insieme a Keith Moon degli Who