C’ero anch’io quando il designer Bruno Munari (1907-1998) ha festeggiato alla Triennale di Milano i suoi 90 anni. Di più: “Ho visto i 90 anni di Bruno Munari”, è stampato sul paio d’occhiali di cartone che conservo da quel 24 ottobre 1997. Un gentile omaggio progettato da lui stesso: un po’ oggetto metafisico e un po’ macchina inutile, del tutto in linea col suo proverbiale “togliere invece che aggiungere”, ponendo sempre e comunque l’accento sull’ironico e il ludico. Munari, in quell’occasione, si è trovato amabilmente circondato dai bambini: i suoi “fruitori” preferiti, cui aveva destinato nel ‘53 la scimmietta Zizì di gommapiuma e nel ’71 l’Abitacolo in acciaio, spazio tascabile da arredare e da costruire a piacimento all’interno della casa degli adulti. Ho ripensato a quel compleanno riguardando la lezione tenuta da Munari il 7 marzo ‘92 all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Timido e sorridente, fluido ed elegante nella gestualità, ha introdotto molti dei temi delle sue ricerche legate all’arte e al design raccontando aneddoti, pronunciando battute, infilando spiazzanti osservazioni. Come quando ricordava agli adulti che «chi ascolta dimentica, chi vede ricorda, chi fa impara».

Lunga e memorabile è stata la sua vita. Grafico nel 1926, quando firma “bum” le sue creazioni esprimendosi col disegno e il collage. E poi Futurista (nel ’34 sottoscrive il Manifesto Tecnico dell’Aeroplastica Futurista); fondatore del Movimento Arte Concreta (’48); inventore dei Libri illeggibili; organizzatore della prima Mostra di Arte Programmata nel negozio Olivetti a Milano (’62); e di nuovo, nel capoluogo lombardo, creatore del primo Laboratorio per l’Infanzia alla Pinacoteca di Brera. Dopo essersi rapportato alla ricerca scientifica – intesa come veicolo d’intuizioni plastiche, risposte linguistiche, creatività – si è messo a dialogare con l’arte, che attraverso il suo ingegno si è trasformata in approdo disciplinare. E sono suoi quei capolavori di un design che a distanza di decenni è ancora all’avanguardia: Singer,”la sedia per visite brevissime” (’45) con la seduta inclinata a 45°; il posacenere Cubo (’57) con la sua lamina metallica da inserire nella struttura cubica creando una fessura che raccoglie cenere e mozziconi; le lampade da terra e da sospensione Falkland (’64), con il contributo realizzativo di una fabbrica di calze da donna. Oggetti senza tempo. «Giusti», come amava definirli l’immenso Bruno Munari.

Associazione Bruno Munari
via B. Cavalieri 6, Milano
tel. 3479648374

Foto: Bruno Munari
Zizì, scimmietta di gommapiuma, 1953, © La Permanente Mobili Cantù
Libro illeggibile MN 1, 1984, © Corraini Edizioni
Sedia per visite brevissime Singer, 1945, © Zanotta
Posacenere Cubo, 1957, © Danese
Lampada Falkland, 1964, © Danese