Canadian Leonard Cohen performs during a concert on Sint-Pietersplein in Ghent, on August 12, 2012. AFP PHOTO/ NICOLAS MAETERLINCK (Photo credit should read NICOLAS MAETERLINCK/AFP/GettyImages)

Che cosa ce ne facciamo ai giorni nostri di un cantautore che ha esordito nel lontano 1967 e, dato che aveva passato i 30 anni, era già in ritardo? Roba da dinosauri? Nemmeno per sogno! Anche se Leonard Cohen è scomparso il 7 novembre 2016, la sua leggenda è più viva che mai e può ancora sedurre le ragazze e i ragazzi di oggi insegnando loro come si percorre la difficile strada che porta alla poesia e alla musica.

Su Cohen è stato scritto molto, ma nel panorama italiano Roberto Caselli non è uno dei tanti. Critico musicale e voce storica di Radio Popolare, autore di parecchie monografie (Joan Baez, Jim Morrison, Paolo Conte), al singer-songwriter aveva già dedicato un saggio (Hallelujah) con preziosi commenti ai suoi testi poetici. E ora pubblica una insolita biografia, arricchita da una gran messe di foto e suddivisa in 10 capitoli (con parecchi riquadri tematici), che non puntano tanto a una ricostruzione cronologica quanto piuttosto a svelarne la complessa personalità e a proporre chiavi di lettura per comprenderne l’arte.

Non c’è niente di semplice nel percorso esistenziale di questo ebreo canadese. E ritrovarne le tracce significa affrontare un lungo viaggio attraverso molti luoghi sintomatici, molti amori, molte paradossali altalene fra lo spirito e la carne. Capitoli, luoghi, volti, sentimenti, parole, suoni aiutano a ripercorrere 82 anni vissuti intensamente. Dunque sfogliare questo volume, andare avanti e indietro per queste pagine immedesimandosi in una vita che non è la propria, che senso ha? Per chi non sa molto di questo affascinante artista, è il piacere di una scoperta inesauribile; per chi già lo conosce bene, è quello di ritrovare nella propria memoria una moltitudine di emozioni mai cancellate. Per tutti la necessità di tornare ad ascoltare quelle canzoni e a leggere quei versi.

Leonard Cohen in concerto all’Isle of Wight Music Festival, 1970

Ci sono almeno 3 cose che vanno tenute a mente quando si affronta una personalità come Leonard Cohen. Prima di tutto c’è un giovane con il taccuino sempre in tasca: comincia da scrittore, da poeta (folgorato da Garcia Lorca, prima ancora di sbarcare nel Greenwich Village dei beatniks) e ha già pubblicato 4 libri di poesie e 2 romanzi, prima di esordire nel mondo discografico. Secondariamente è da sempre un essere affamato d’amore: ma un seduttore sui generis, che non conta le conquiste con il pallottoliere ma le sacrifica sull’altare dell’arte. Infine, pur essendo un ebreo non praticante, della religione dei suoi padri mantiene per tutta la vita un tormentato rapporto con la divinità, un dialogo continuo che attraversa anche la meditazione buddista nel tentativo di conciliare l’amore sacro e quello profano. Non a caso, la celebre canzone Hallelujah è il frutto più emblematico di tutto questo rovello.

Il cantautore canadese con Joni Mitchell, backstage del Newport Folk Festival, 1967

La meravigliosa voce di Cohen è lo strumento perfetto che guida attraverso l’esistenza dell’artista: la freschezza giovanile si trasforma in una maturità piena e poi nei timbri rochi e profondi degli ultimi anni. Un’evoluzione che si specchia nella verità del vissuto, fino all’ultimo respiro: «Signore io sono pronto». E il poeta lascia questa vita terrena, in cui si può sperimentare tutte le sconfitte, tutti i dolori del mondo, ma infine raggiungere la certezza che «l’amore è l’unico motore di sopravvivenza».

Roberto Caselli, Leonard Cohen – Quasi come un blues, Hoepli Editore, 190 pagine, € 17.90