Per ogni chef che realizza il suo top menù, cucinare è un’esperienza sensoriale. Tutti e 5 i sensi – vista, udito, gusto, tatto e olfatto – vengono coinvolti nella percezione del cibo. Perciò, mangiare è la consuetudine più gratificante: alla ricerca del benessere e del compiacimento personale.

35 anni, nato a Milano ma di origini calabresi, Simone Cantafio inizia il suo percorso professionale con Carlo Cracco per poi diventare uno degli allievi prediletti di Gualtiero Marchesi. Dopo 11 anni trascorsi in Giappone alle dipendenze di Michel e Sébastien Bras, creatori del ristorante Michel Bras Toya (2 stelle Michelin), Simone decide che è arrivato il momento di scegliere una nuova strada che lo porta dalle montagne dell’isola di Hokkaido, alle pendici delle Dolomiti. Dal 3 dicembre 2021 è infatti il nuovo chef della Stüa de Michil dell’Hotel La Perla, a Corvara (BZ).

Cosa stimola la vista nella tua cucina?
«Essendo un appassionato di fotografia, lo sguardo e l’impatto visivo sono per me fondamentali. In uno scatto fotografico, come in un piatto, rivivo le emozioni nel tempo: perlomeno a livello visivo. Nel mio percorso professionale ho avuto la possibilità di vivere e di lavorare in una terra come il Giappone, ed è lì che ho apprezzato e studiato “la bellezza delle imperfezioni naturali“. Amo giocare su una naturalezza e una disposizione degli elementi che non siano una copia in serie, ma per ognuno di essi cerco di adattare ed esaltarne le forme, i colori, la disposizione nel piatto».

Cosa sollecita l’udito nella tua brigata?
«Nel team siamo circa 35 cuochi. Chi lavora e collabora con me, sa che amo il silenzio: non per una forma di militarismo, bensì di concentrazione e comunicazione. Durante il servizio, amo il dialogo e i giochi di sguardi. Nella mia cucina lascio spazio al suono di un carré d’agnello che sfrigola, della brace che salendo in temperatura scoppietta, di un risotto o di una pasta che viene mantecata, di un pesce che frigge delicatamente in una profonda pentola d’olio caldo. Il cuoco deve avere sensibilità, ascoltare l’ingrediente e per farlo occorre silenzio, coordinazione e la voce di un leader che dirige questa danza fatta di profumi, gusti, tempistiche ben precise. Il mio gruppo sposa quest’idea alla perfezione».

Come provochi il gusto nell’ideare un menù?
«Mi ispiro a ciò che mi hanno insegnato i grandi maestri, fra tutti Gualtiero Marchesi. Quando vado a elaborare un menù, seguo la cosiddetta “regola dei contrasti”: caldo-freddo, acido-grasso, morbido-croccante. Marchesi mi ha insegnato che il palato, così come l’udito, vanno stimolati. E lo stimolo crea interesse: perciò questa è la mia logica. Ovvio, senza mai dimenticare la linea gustativa e il messaggio che voglio trasmettere all’ospite».

Cosa percepisce il tatto nell’esecuzione di un piatto?
«Uno degli aspetti che prediligo del mio lavoro è il contatto fisico con la materia: poterla toccare e capire al primo impatto come esaltarla. Poi c’è il momento della preparazione che vivo come fosse una coccola, una premura affettuosa, per passare alla fase della cottura: è qui che si crea la vera osmosi fra cuoco e materia. Non sono un fanatico della tecnologia, né amo il sottovuoto e tantomeno i forni tuttofare. Mi piace il fuoco e quel contatto che il calore di una fiamma può trasmettere a me e agli ingredienti. Oggi si sta perdendo parte di questa poesia di contatto fra cuoco e materia, ma io sono un romantico e ci tengo che anche i ragazzi acquisiscano questa sensibilità. Sono queste le sfumature che fanno la differenza, ma si acquisiscono solo con tanto spirito di sacrificio».

Come scateni l’olfatto al mercato?
«Che bella domanda! Quando sento parlare di mercato mi emoziono, perché con i miei genitori ci sono cresciuto. Il sabato non vedevo l’ora di andare dal panettiere con mio padre a prendere e a scegliermi il pane fresco appena sfornato. Amavo andare al mercato della verdura e poi a quello del pesce: lì i profumi danzano. Oggi, invece, i grandi supermercati impacchettano tutto e inseriscono la cosiddetta “atmosfera modificata”, per preservare la freschezza degli ingredienti. Che tristezza, mi viene da dire! Quando posso, voglio continuare a emozionarmi e a vivere la campagna, la pescheria e la panetteria perché questo stimolo attiva dei meccanismi, nella mia “libreria celebrale”, che sono fondamentali. Gli odori, come le immagini, hanno la forza di farmi vivere attimi del passato ai quali sono legato».

Qual è il tuo piatto che esalta di più i 5 sensi?
«Il raviolo di patate della Val Pusteria farcito di coniglio in porchetta, con la giardiniera di finocchio, caviale e nage iodata. Qui abbiamo la consistenza morbida e vellutata degli gnocchi di patate; la sapidità e la parte iodata della salsa e del caviale; il grasso e l’avvolgenza dei sentori del coniglio in porchetta, che vengono smorzati dall’acidità della giardiniera di finocchi, elemento fondamentale nel piatto poiché ha anche una funzione di contrasto nelle temperature e nelle consistenze. A oggi è fra i piatti ai cui sono più affezionato, perché incarna al massimo gli insegnamenti del mio caro Maestro Marchesi».

Una ricetta da preparare con i consigli dello chef Cantafio?

Lasagnetta di sedano rapa, ragout di capriolo e besciamella al pane grigliato

Ricetta per la besciamella al pane grigliato:
1 lt. di latte, 60 gr. di farina, 40 gr. di burro, 150 gr. di pane abbrustolito con olio extravergine d’oliva, 1 spicchio d’aglio, 5 gr. di timo fresco sfogliato.

Frullate il tutto fino a ottenere una besciamella liscia.

Ricetta per le sfoglie di sedano rapa:
Tagliate a 1,4 mm. all’affettatrice il sedano rapa, sbianchite nel latte aromatizzato al ginepro per pochi secondi e fate raffreddare nel latte freddo.

Ricetta per il ragout di capriolo:
Tagliate a piccoli cubetti il sedano carota e la cipolla, fate rosolare la carne all’olio, sfumate al gin delle Dolomiti, bagnate leggermente il ragout con il vino bianco, fate evaporare le parti alcoliche. Aggiungete acqua, fondo di vitello e 1 mazzetto aromatico, portate a cottura per circa ¾ ore a fuoco dolce. Quando il ragout sarà pronto, scolate la carne e riducete il liquido di cottura in una salsa avvolgente. Unite il liquido con la carne, ottenendo così un ragout goloso, untuoso e non liquido.

Ricetta per il tuorlo d’uovo marinato:
1 kg. di purea di sedano rapa (gli scarti vanno benissimo), 1 kg. di sale grosso.

Mescolate, stendete il composto su 1 placca, posate i tuorli d’uovo ben puliti e ricoprite con il composto. Lasciate marinare in frigorifero per 12 ore, rigirateli nel senso opposto, ricoprite ancora con il composto e lasciate marinare per 12 ore. Sciacquate delicatamente le uova e mettetele ad asciugare a 50° per circa 9 ore, ottenendo così una bottarga d’uovo di gallina.

Composizione delle lasagne:
Disponete la sfoglia di sedano rapa, il ragout di capriolo e la besciamella. Ripetete la sequenza per 4 volte fino a raggiungere la porzione desiderata. Aggiungete, all’ultimo strato, del formaggio di malga grattugiato e dei pezzettini di burro. Infornate la lasagna a 180° fino a raggiungere la gratinatura perfetta. Controllate che l’interno sia molto caldo e all’uscita dal forno fate riposare per circa 2 minuti.

Servizio e impiattamento:
Mettete sul fondo del piatto della besciamella piuttosto liquida con la consistenza di una fonduta, posate al centro la lasagna calda e gratinata, grattugiatevi sopra il tuorlo marinato, il sedano rapa fritto e l’erba cipollina. Finite il piatto con un filo di olio extra vergine d’oliva.

Cavolo cuore di bue soffice di coregone, salsa al caffè di cicoria e perle di tapioca ai funghi di montagna

Barbabietola origami di mele antiche, anguilla laccata al Kabayaki e salsa bonne femme al sidro

Ravioli di pasta fresca allo zafferano farciti di ossobuco di cervo, topinambur al vino rosso e salsa di cottura tranciata al midollo alla brace