FAKE. Scritto in stampatello, così da renderlo ben visibile sul sito ufficiale di Banksy. FALSO. Come le mostre non autorizzate dal più ignoto fra gli artisti globali – più che street artist, decisamente riduttivo – del nuovo millennio: 0 faccia, 0 identità («Non ho il minimo interesse a rivelarla. Ci sono già abbastanza stronzi pieni di sé che cercano di schiaffarvi il loro brutto muso davanti», gli capitò di ammettere). Alle 27 precedenti esposizioni allestite un po’ ovunque – in Italia a Milano (2018), Noto (2019), Genova (2019), Roma (2020, stranamente sfuggita ai radar banksyani) – si è aggiunta Un artista chiamato Banksy, a Ferrara nella rinascimentale cornice di Palazzo dei Diamanti, snobbata come tutte le altre previa dicitura “Please treat them accordingly” (per favore trattatele di conseguenza).
Girl With Balloon, 2004-2005, Collezione privata
Annota Vittorio Sgarbi, che presiede la Fondazione Ferrara Arte, nel catalogo della mostra: “Banksy rifiuta le leggi del mercato e di conseguenza la musealizzazione delle sue opere, a parte rarissimi casi. Aggiorna periodicamente il calendario delle mostre ‘non autorizzate’, ma tollerate in giro per il mondo. A volte non ne nomina alcune non perché le abbia autorizzate, ma probabilmente perché le ritiene meno commerciali di altre”. Come questa, ne sono certo, non foss’altro per il prologo affidato al Self-Portrait datato 2001-2002 con quel paio di occhiali, l’occhiata un po’ strabica e il funereo dripping alla Jackson Pollock; e l’epilogo sacrosantemente dedicato a Game Changer, l’opera anti Covid-19 con quel bimbo impegnato a “far volare” un’infermiera superwoman, anziché Batman o Spiderman “abbandonati” dentro un cestino.
Untitled, 1999, London (UK), Ali Keshavji Collection
Al di là dei soggetti più iconici – i topi (Rats) volutamente mutuati dallo stencil-artist francese Blek Le Rat; il policeman col dito medio alzato (Rude Copper) e quello alato con il volto da Smile (Flying Copper); l’attivista che lancia un mazzo di fiori anziché una molotov (Flower Thrower); la ragazza che abbraccia una bomba (Bomb Love aka Bomb Hugger) e quella che libera nell’aria un palloncino (Girl With Balloon); la Regina Elisabetta II con le sembianze da scimmia (Monkey Queen); Vince/John Travolta e Jules/Samuel L. Jackson che impugnano 2 banane warholiane invece di 2 pistole (Pulp Fiction) – fra le 100 e più fra opere e oggetti originali provenienti da collezioni private, Un artista chiamato Banksy (Avviso importante per i visitatori: “L’artista conosciuto come Banksy non è in alcun modo coinvolto in questa mostra. Il materiale esposto proviene interamente da collezioni private. Per quanto riguarda l’artista, il suo ufficio è stato informato“) sciorina svariate chicche di colui che più di ogni altro ha saputo evolvere la Pop Art dei 60s e dei 70s mettendo in scena la propria mission rivoluzionaria, pacifista e anticapitalista: dai muri fino a Dismaland (l’apocalittico “parco tematico non adatto ai bambini”, allestito nel 2015 nella località balneare di Weston-super-Mare) e fino al Walled Off Hotel inaugurato nel 2017, a Betlemme, con “la peggiore vista al mondo” sul muro che separa Israele dai territori palestinesi.
Mickey Snake, 2015, Brentwood (UK), Brandler Galleries
Arriva proprio dal mare più démodé di tutta l’Inghilterra il pezzo più pregiato della mostra: Mickey Snake, la provocatoria scultura/installazione in fibra di vetro, poliestere, resina e acrilici che raffigura Topolino inghiottito da un pitone, mentre il leopardo estrapolato da Barcode viene “tatuato” su una cassettiera metallica inondata di vernice a spray (1999). E in occasione del Cans Festival di Londra, una bomboletta spray viene “cavalcata” da una pin-up (Rodeo Girl, 2008). Alle radici di Banksy risale anche il Lab Rat (topo da laboratorio) dipinto nel 2000 sul pannello laterale di un palco allestito al Glastonbury Festival; CCTV Britannia, spray su acciaio forato del 2009, ritrae invece la figura femminile simbolo dell’Inghilterra con un supporto per telecamera a circuito chiuso anziché la canonica lancia; e la Serpentine Edition di Napalm (2006, proprietà di Damien Hirst) con Mickey Mouse, Phan Thi Kim e Ronald McDonald, “vandalizzata” da macchie di sangue per ricordare in modo ancora più netto l’orrore della guerra in Vietnam (Banksy dixit: «I più grandi crimini del mondo non vengono commessi da persone che infrangono le regole, ma da persone che seguono le regole. Sono le persone che eseguono gli ordini, sganciano bombe, massacrano villaggi».
Lab Rat, 2000, Brentwood (UK), Brandler Galleries
Napalm, Serpentine Edition, 2006, Brentwood (UK), Brandler Galleries
E per la gioia di grandi e piccini, completano l’esposizione manifesti da collezione (Banksy Vs. Bristol Museum Poster, Visit Historic Palestine) le celebri banconote Di-Faced Tenners/Banksy of England con Lady Diana al posto di Elisabetta, rarissime t-shirt (Ghetto Superstore, Dismaland, Keep Back 200ft, Heavy Weaponry, Precision Bombing), i 3 piccoli volumi noti come Black Books (2001-2004), cartoline (Peckham Trolley) e progetti per copertine di dischi (Radar Rat, Think Tank dei Blur, Paris Hilton di Banksy & DangerMouse, The Banksy Years).
Un artista chiamato Banksy
Fino al 27 settembre 2020, Palazzo dei Diamanti, corso Ercole I d’Este 21, Ferrara
tel. 0532244949
Catalogo Sagep Editori, € 30
Leopard From Barcode, 1999, London (UK), Ali Keshavji Collection
© Eleonora Tarantino